Sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Procedimento di adozione – Contradditorio (art. 92 D.lgs. 159/2011) – Natura – Obiettivo di collaborazione tra Prefetto e privato – Diversità strutturale rispetto all’avvio del procedimento (art. 7 L. 241/90) – Limiti – Accoglie.

 Autorizzazioni e concessioni – Informativa antimafia – Revoca autorizzazione – Quadro indiziario – Ordinanza cautelare penale – Automatismo sulla discrezionalità del Prefetto – Esclude – Diversità ontologica tra giudizio penale e giudizio amministrativo.

ECLI:IT:TARRC:2023:678SENT

Pubblicato il 08/08/2023

  1. 00678/2023 REG.PROV.COLL.
  2. 00019/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 19 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzina Leone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria e Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliataria ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito n. 15;
Comune di Scilla, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Natale Polimeni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti presentati dalla -OMISSIS- il 17.01.2023

– dell’informazione antimafia ex art. 91 del D.Lgs. 159/2011–prot. n. 0129518 del 10/11/2022 emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria-Ufficio Territoriale del Governo, comunicata in data 20/11/2022, a mezzo P.G;

– dell’ordinanza di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale prot. n. -OMISSIS- del 12 dicembre 2022, notificata in data 13 dicembre 2022, con cui il Comune di Scilla ha disposto la revoca dell’autorizzazione e/o concessione comunque denominata relativa allo svolgimento di attività commerciale della ditta “-OMISSIS-”;

– dell’ordinanza di revoca della concessione di occupazione di suolo pubblico prot. n. 16469 del 13 dicembre 2022, notificata in pari data, con cui il Comune di Scilla, settore Economico Finanziario Tributi, ha disposto nei confronti della società -OMISSIS- “la revoca dell’autorizzazione e/o concessione comunque denominata relativa all’occupazione di suolo pubblico rilasciata alla ditta”;

– di tutti gli altri provvedimenti presupposti, connessi e/o consequenziali.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, del Comune di Scilla e del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 giugno 2023 il dott. Andrea De Col e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

  1. La -OMISSIS- (d’ora in avanti, solo -OMISSIS-) è una società che esercita l’attività di ristorazione a Scilla (RC) in un locale chiamato l’“-OMISSIS-”.
  2. I soci sono -OMISSIS- (n.-OMISSIS-) e -OMISSIS-, quest’ultimo anche amministratore unico della società.
  3. Su richiesta avanzata dal Comune di Scilla ex artt. 91 e 100 D.lgs. n. 159/2011, la Prefettura di Reggio Calabria ha emesso in data 10.11.2022 nei confronti della società in parola un’informazione interdittiva, fondata su indagini di polizia e su intercettazioni che erano sfociate nell’ordinanza di custodia cautelare n.-OMISSIS- emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria ed eseguita in data 08.09.2022 (operazione “-OMISSIS-”).
  4. In particolare, l’ordinanza di custodia cautelare, da cui sarebbe emersa una situazione di diffusa egemonia criminale nella gestione del territorio di Scilla, aveva colpito alcuni soggetti, diversi dai soci della società ricorrente, ritenuti responsabili dei reati di tentata estorsione e di associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti dei titolari di varie attività economiche operanti in quel Comune.
  5. Conseguentemente all’emissione dell’interdittiva, con ordinanza datata 12.12.2022 il Comune di Scilla revocava alla -OMISSIS- l’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale e, il giorno successivo, l’autorizzazione e/o la concessione, comunque denominata, relativa all’occupazione di suolo pubblico rilasciate alla medesima società.
  6. La ritenuta esposizione di quest’ultima ai tentativi di infiltrazione mafiosa discenderebbe da plurime controindicazioni riscontrate a carico di -OMISSIS- e -OMISSIS-:

– il primo, con precedenti penali per produzione e traffico di sostanze stupefacenti, sarebbe il “cugino” di -OMISSIS-, già condannato in data 13.10.2020 dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria per associazione di stampo mafioso alla pena di dieci anni di reclusione, essendo stato ritenuto intraneo alla cosca mafiosa “-OMISSIS-” di Villa S. Giovanni (operazione “-OMISSIS-”).

Costui risulta uno dei soggetti attinti dalla richiamata O.C.C. n. -OMISSIS-, poiché in concorso con -OMISSIS- e -OMISSIS- e con altri soggetti allo stato non identificati, avrebbe compiuto con metodi mafiosi atti idonei in modo non equivoco ad imporre ai ristoratori presenti sul territorio di Scilla i propri fornitori di pane e di pesce.

Dalla richiesta di misura cautelare in carcere emergerebbe che -OMISSIS-, sebbene non indagato per nessun titolo di reato, avesse ricoperto per conto di -OMISSIS- il ruolo di “ambasciatore” nei confronti di alcuni esponenti della locale criminalità organizzata, del che vi sarebbe traccia nei ripetuti contatti telefonici tra il nominato in oggetto e il “cugino” -OMISSIS- (v. nota informativa CC. del 12.09.2022);

– il secondo (-OMISSIS-), anch’egli non indagato, avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti della malavita organizzata sia di Scilla (-OMISSIS-) che di Sinopoli (-OMISSIS-), avendo in data 21.06.2021 partecipato ad un pranzo presso un locale di Chianalea durante il quale avrebbe invitato quest’ultimo a frequentare il ristorante di cui è proprietario, chiamandolo con l’appellativo di “-OMISSIS-”.

  1. Quanto alla misura interdittiva, il ricorso proposto dalla -OMISSIS- è affidato ad un unico ed articolato motivo di doglianza, con cui si sollevano le censure di violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, volte a contestare rispettivamente:
  2. a) l’erroneità dei presupposti dell’informativa impugnata, non sussistendo alcun rapporto di parentela tra -OMISSIS- e -OMISSIS-;
  3. b) la rilevanza della sopravvenuta esecuzione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dei menzionati esponenti della associazione criminosa di Scilla- sospettati di essere i gestori “di fatto” della società ricorrente- che avrebbe reso ormai inattuale ogni rischio di condizionamento criminoso;
  4. c) l’assenza di alcun riscontro concreto circa gli episodi singolarmente contestati nel provvedimento interdittivo ai soci della -OMISSIS-.

Quanto alle ordinanze comunali di revoca, se ne lamenta l’illegittimità, sia in via derivata che in via autonoma, poiché assunte in violazione dell’obbligo di partecipazione procedimentale.

  1. Con decreto n. 19 del 13.01.2023 il Presidente del TAR ha respinto l’istanza di misure cautelari urgenti.
  2. Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 16.01.2023 e depositato il giorno successivo, la ricorrente chiedeva l’annullamento dell’interdittiva impugnata anche per violazione degli artt. 7 L. n. 241/90 e 92 comma 2 bisD.lgs. n. 159/2011, non avendo la Prefettura addotto valide ragioni d’urgenza per giustificare l’omessa attivazione del contraddittorio procedimentale.
  3. Per resistere al gravame si sono costituiti in data 31.01.2023, con memoria difensiva, il Comune di Scilla e, in data 01.02.2023, con atto di mera forma, il Ministero dell’Interno, chiedendo entrambi il rigetto del ricorso.
  4. Con ordinanza n. 37 del 09.02.2023 il Tribunale ha accolto la domanda cautelare unicamente sotto il profilo della violazione del ridetto comma 2 bisdell’art. 92 D.lgs. n. 159/2011 denunziata con i motivi aggiunti.
  5. Con ordinanza n. 1353 del 06.04.2023 la 3^Sezione del Consiglio di Stato, pur riconoscendo la necessità di approfondire alcuni aspetti delle illustrate ragioni di doglianza, “atteso che la società appellata ha prodotto in giudizio la documentazione attestante l’insussistenza del rapporto di parentela con soggetti contigui alla criminalità organizzata, che costituisce uno dei presupposti sui quali si fonda l’interdittiva impugnata”, accoglieva l’appello cautelare proposto dal Ministero dell’Interno, invitando tuttavia il TAR alla sollecita fissazione dell’udienza di merito.
  6. In vista della dell’udienza di discussione, stabilita anche a seguito di apposita istanza di anticipazione avanzata dalla ricorrente sulla scorta di quanto specificato dal Consiglio di Stato, le parti si scambiavano memorie conclusive, cui replicava il solo Comune di Scilla.
  7. All’udienza pubblica del 28.06.2023 la causa veniva discussa e posta in decisione.
  8. Assorbenti ragioni di ordine logico-espositivo inducono il Collegio ad esaminare prioritariamente l’unica censura introitata con motivi aggiunti “propri” attraverso la quale la ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 92 co.2 bisD.lgs. n. 159/2011, per non avere la Prefettura fatto precedere l’adozione della informazione interdittiva dal necessario contraddittorio procedimentale.

Nello specifico, formano oggetto di critica le ragioni di urgenza dichiaratamente ricondotte dalla Prefettura “alla valenza pressoché vincolante ai fini delle presenti determinazioni, dei pregiudizi gravanti su -OMISSIS- e sui cugini -OMISSIS- ed -OMISSIS-, quest’ultimo peraltro tratto in arresto per la violazione dell’art. 416 bis C.P. in uno con i rapporti controindicati di -OMISSIS-”, oltre al fatto che “la ditta in esame potrebbe continuare e/o iniziare a svolgere attività imprenditoriale presso il Comune di Scilla”.

Il motivo è fondato.

È noto che, anteriormente alla riforma al codice antimafia, la giurisprudenza ha costantemente ritenuto che il principio del contraddittorio va “ragionevolmente bilanciato, anche attraverso il suo ridimensionamento, onde dare ingresso ad interessi antagonistici di pari rango dettati dalla necessità di arginare il fenomeno mafioso che, per la sua estrema insidiosità, aumenta gravemente il rischio di vanificare il complesso lavoro degli organi deputati alle indagini”, così da non prevedere “l’obbligo di una preventiva comunicazione di avvio del procedimento evidentemente in ragione del fatto che più si avanzano le garanzie partecipative più è concreto il rischio che la discovery anticipata di elementi o notizie a disposizione degli inquirenti ponga nel nulla gli sforzi e le risultanze raggiunte. Tanto proprio a cagione della natura subdola, insidiosa, a volte silente, del fenomeno mafioso posto che l’autorità amministrativa, nelle parole della Corte Costituzionale, ha il compito di “prevenire tali evenienze, con un costante monitoraggio del fenomeno, la conoscenza delle sue specifiche manifestazioni, la individuazione e valutazione dei relativi sintomi, la rapidità di intervento” (Corte cost., 26 marzo 2020, n. 57)rapidità necessitata dalla capacità delle mafie di rimescolare gli elementi disponibili fino a far scomparire quelle che già erano tracce, sintomi, segni di conoscenza spesso solo indiretta” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 giugno 2022 n. 5026).

L’art. 92 comma 2 bis D.lgs. n. 159 del 2011, introdotto dall’articolo 48, comma 1, lettera a), numero 2) del D.L. 6 novembre 2021, n. 152 (convertito con modificazioni dalla Legge 29 dicembre 2021, n. 233) prescrive ora che : “Il prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche disposte ai sensi del comma 2, ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva ovvero per procedere all’applicazione delle misure di cui all’articolo 94-bis, e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Con tale comunicazione è assegnato un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione, da effettuare secondo le modalità previste dall’articolo 93, commi 7, 8 e 9. In ogni caso, non possono formare oggetto della comunicazione di cui al presente comma elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose. La predetta comunicazione sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all’articolo 92, comma 2. La procedura del contraddittorio si conclude entro sessanta giorni dalla data di ricezione della predetta comunicazione”.

Alla luce di tale incisiva modifica del citato comma 2 bis, occorre che l’Amministrazione, ravvisati i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva ovvero per procedere all’applicazione delle misure di cui all’articolo 94 bis, dia tempestiva comunicazione al soggetto interessato, con l’indicazione degli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa; ciò non esclude comunque che la scelta circa l’an ed il quomodo della comunicazione informativa contenga margini di discrezionalità, potendo l’Amministrazione stessa derogare alla regola della garanzia partecipativa in presenza di “particolari esigenze di celerità del procedimento”, dovendosi inoltre precisare che “non possono formare oggetto della comunicazione … elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose”.

È indubbio che la valutazione prefettizia circa il presupposto di fatto delle “particolari esigenze di celerità del procedimento” sia sindacabile dal G.A., alla stregua degli altri profili di discrezionalità che connotano tutto il procedimento preordinato all’adozione di un provvedimento particolarmente restrittivo della libertà di iniziativa economica del destinatario.

L’Amministrazione deve, pertanto, considerare, dandone congrua e specifica motivazione, se ricorra un’ipotesi di motivata urgenza o di istruttoria interamente basata su elementi non rivelabili, posto che prima dell’adozione dell’informazione interdittiva o, in alternativa, di una misura di prevenzione collaborativa, l’instaurazione del contraddittorio è la regola e non più l’eccezione.

  1. Ritiene inoltre il Collegio che la previsione dell’art. 92 co. 2 bis sull’esercizio del potere interdittivo del Prefetto connoti il momento del contraddittorio di una rilevanza sostanziale e non solo meramente formale, avuto riguardo alla peculiare natura e finalità dell’istituto in esame.

Va subito evidenziato, infatti, come dal dato testuale della norma emerga una radicale diversità strutturale e sistematica rispetto all’art. 7 L. n. 241/90 che disciplina la comunicazione di avvio del procedimento (“Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8 ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi”), tanto da escludere in apice qualsiasi rapporto di specialità tra le due disposizioni e qualsiasi ipotesi di “illegittimità non invalidante” del provvedimento interdittivo nel caso in cui la P.A. dimostri “in giudizio” che “il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (art. 21 octies L. n. 241/90).

Invero, deve osservarsi che l’art. 92 co. 2 bis:

– impone al Prefetto l’obbligo del necessario confronto con il potenziale destinatario della informazione interdittiva dopo che il procedimento preordinato all’adozione del provvedimento finale è già stato avviato e, in massima parte, istruito (“sulla base degli esiti delle verifiche disposte ai sensi del comma 2”) e prima che sia destinato a sfociare in uno dei possibili esiti alternativamente previsti (informazione di tipo interdittivo o misure di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94 bis);

– non presuppone un procedimento instaurato su istanza di parte, dovendosi escludere che, in analogia a quanto dispone l’art. 10 bis L. 241/90, l’autorità competente, anteriormente alla formale adozione di un provvedimento sfavorevole, abbia l’obbligo di rendere edotto il privato in ordine alle ragioni di reiezione della domanda, ragioni che qui possono rivelarsi lungi dall’essere ancora definite proprio in funzione dell’eventuale modulazione del variegato assetto degli interessi suggerita dal contributo collaborativo e, al tempo stesso, difensivo dell’interessato.

Nelle intenzioni del Legislatore l’interazione dialettica che ne deriva, in una fase prodromica rispetto a quella di adozione dell’interdittiva, è rivolta a produrre un effetto utile, oltre che deflattivo del contenzioso, sia per il privato, chiamato ad assumere un ruolo proattivo al fine di scongiurare l’esito esiziale del procedimento, sia per la P.A. la quale, sfruttando l’occasione di acquisire e/o di rivalutare informazioni talvolta sottovalutate o neglette, può comporre un quadro istruttorio il più possibile esaustivo e funzionale all’emissione di un provvedimento ispirato a canoni di proporzionalità e ragionevolezza.

In altri termini, il contraddittorio in questione, rappresentando un “sui generis” nell’ampio ventaglio degli istituti di partecipazione procedimentale, non può relegarsi a strumento di mero carattere “formale” nell’ambito di un fenomeno da tempo in atto di complessiva “dequotazione” delle garanzie procedimentali, presentando invece una spiccata valenza “sostanziale”, in considerazione dell’ampiezza degli apprezzamenti demandati al Prefetto e del collegamento funzionale tra il contraddittorio e le previste misure di “self cleaning” eventualmente accessibili da parte dell’interessato.

  1. Trasponendo le coordinate ricostruttive dell’istituto al caso di specie, reputa il Collegio che la motivazione addotta dal provvedimento impugnato circa le “particolari esigenze di celerità del procedimento”, ostative al preventivo confronto procedimentale con la destinataria dell’interdittiva, sia illegittima per le argomentazioni che seguono.

Più sopra, si è già rimarcato che certamente conoscibile e sindacabile è il presupposto di fatto cui si aggancia la scelta del Prefetto di non avviare il contraddittorio.

Ebbene, sviluppando quanto già sommariamente evidenziato in sede cautelare, si deve ribadire che l’adozione in data 31 agosto 2022 dell’ordinanza di custodia cautelare su richiesta della DDA di Reggio Calabria e il temuto collegamento dei soci con alcuni dei soggetti arrestati, ossia i due dati posti a base della scelta di omettere la fase del contraddittorio, integrano sotto il profilo logico-giuridico le ragioni essenziali dell’emissione del provvedimento interdittivo, più che le “particolari” esigenze di celerità del procedimento.

Piuttosto, nel caso in esame l’omessa attivazione del contraddittorio:

– ha precluso alla ricorrente la possibilità di dimostrare l’assoluta inconsistenza istruttoria di uno dei presupposti costitutivi e qualificanti dell’interdittiva e cioè l’affermata parentela tra -OMISSIS-, ristretto in carcere per reati di mafia, e -OMISSIS- che non risulta essere nemmeno indagato.

L’equivoco, indotto dallo stesso -OMISSIS-, che -OMISSIS- (“-OMISSIS-”) fosse il “cugino” di -OMISSIS-, è stato definitivamente chiarito dalla certificazione anagrafica prodotta da parte ricorrente (v. doc. 3 depositato il 18.05.2023), ma avrebbe potuto formare oggetto di immediato confronto procedimentale e di ponderata riflessione da parte della Prefettura;

– ha precluso alla stessa ricorrente la possibilità di dimostrare la sussistenza di un’agevolazione occasionale del tentativo di infiltrazione mafiosa, utile a preservare la continuità aziendale attraverso l’eventuale applicazione delle misure di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94 bis. Il tutto, in coerenza con le indicazioni del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2020 n. 4979) che, seppur negando prima della novella l’obbligatorietà del contraddittorio, ha sollecitato il legislatore a potenziarlo “specie in tutte quelle ipotesi ove la permeabilità mafiosa appaia dubbia rispetto alle quali l’apporto procedimentale potrebbe fornire utili elementi, contraddittorio d’altronde utile al fine dell’adozione delle misure di self cleaning”;

– non appare giustificata dal tempo trascorso tra l’esecuzione della custodia cautelare (08.09.2022), assunta a fondamento dell’interdittiva antimafia e l’adozione di quest’ultima (10.11.2022), trattandosi di circostanza che non consente di ravvisare particolari esigenze di celerità del procedimento, tali da elidere le garanzie partecipative della società ricorrente, avuto riguardo, in primis, alla diversità dei soggetti attinti dalla misura penale cautelare rispetto ai soci destinatari della misura amministrativa;

non appare nemmeno giustificata dalla necessità di impedire la prosecuzione di un’attività imprenditoriale, posto che esso è l’obiettivo tipico di qualunque interdittiva e non può quindi essere genericamente allegata come ragione per escludere il contraddittorio, se non scadendo in un’evidente argomentazione tautologica, consona a frasi stereotipate (prima fra tutte, il richiamo alla connaturata urgenza insita nella prevenzione antimafia) che mal si conciliano con l’esigenza di ricercare il giusto equilibrio tra il ragionevole sacrificio del contraddittorio e l’altrimenti impossibile soddisfacimento dell’interesse pubblico cui l’informazione interdittiva è indirizzata.

Ne deriva che se l’Amministrazione avesse garantito il contraddittorio procedimentale, oggi obbligatoriamente previsto dall’art. 92, comma 2 bis, D.lgs. n. 159/2011, parte ricorrente: a) avrebbe in ipotesi potuto prestare un fattivo contributo istruttorio e collaborativo, inteso o a escludere la presunta contiguità “soggiacente” alla pervasiva azione della associazione mafiosa che sembra essersi radicata nel comune di Scilla, o a dimostrare il collegamento solo occasionale con la predetta organizzazione criminale, anche nell’ottica di approntare le più confacenti misure di bonifica della società da ogni forma di inquinamento mafioso; b) avrebbe certamente e soprattuto fatto emergere la fallacia di un dato fondamentale dell’impianto complessivo dell’interdittiva e cioè il presunto rapporto di parentela tra i nominati -OMISSIS- e -OMISSIS-.

  1. Qualche considerazione, infine, merita di essere spesa sulle difese opposte nella memoria del 27.05.2023 dall’Amministrazione resistente per negare la sussistenza del vizio oggetto del presente scrutinio.

Esse sostanzialmente sembrano sorreggersi su due capisaldi argomentativi secondo i quali:

  1. i) “l’approfondita e dettagliata esposizione delle ragioni che hanno indotto a superare la fase del contraddittorio procedimentale, con motivazioni che risultano in linea con lo spirito della norma citata, rendono insindacabile il provvedimento prefettizio in parte qua, il cui contenuto di elevata discrezionalità, anche sotto questo profilo, non può essere messo in discussione. Del resto, l’Autorità prefettizia ha tratto gli elementi indiziari relativi ai soci amministratori della ricorrente direttamente dalle risultanze dell’operazione di polizia giudiziaria “-OMISSIS-”. Come ben evidenziato nel provvedimento impugnato (“valenza, pressoché vincolante…, dei pregiudizi penali”), ogni apporto istruttorio da parte della ricorrente si sarebbe rivelato inutile, atteso che si sarebbe potuto trattare esclusivamente di contestazioni all’impianto indiziario ricostruito dal GIP, che non era compito del Prefetto vagliare criticamente”;
  2. ii) il Consiglio di Stato, adìto in sede cautelare nei paralleli giudizi r.g. nn. 651/22 e 16/23, ha ritenuto sufficiente sul punto la motivazione prefettizia, riformando le pronunce interinali di codesto Tribunale (cfr., Consiglio di Stato, Sezione III, 6.4.2023, ordinanze nn. 1352 e 1354) “Considerato che l’art. 92-bis del d.lgs. 159/2011 consente di prescindere dalla comunicazione dell’avvio del procedimentoin presenza di ragioni di celerità che, nella fattispecie, sono state adeguatamente evidenziate nel provvedimento prefettizio”.

Muovendo dal secondo nucleo assertivo, la concisa motivazione resa dal Consiglio di Stato nei consueti ristretti ambiti della fase cautelare di altri procedimenti impedisce oggettivamente al Collegio sia di decifrare la natura e la “particolarità” delle richiamate esigenze di celerità rispetto alla nuova regola che richiede obbligatoriamente l’apertura del contraddittorio prima di definire l’esito del procedimento in senso afflittivo (informativa interdittiva) o semi-afflittivo (misure di prevenzione collaborativa) sia di apprezzarne l’adeguatezza, posto che l’eccezionale deroga alla regola del contraddittorio si presta ad essere attentamente ponderata in relazione alla peculiarità dei tratti oggettivi e soggettivi delle singole fattispecie.

Il nesso di derivazione necessaria tra l’ordinanza custodia cautelare e l’informativa, postulato in prima battuta dalla difesa erariale, sconta una percezione errata, fuorviante e riduttiva dell’art. 92 co.2 bis, al punto da finire per giustificarne un inammissibile svuotamento tecnico-giuridico o, ancor peggio, un’inammissibile disapplicazione.

È stato, infatti, precisato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 gennaio 2017 n. 309) che non esiste una corrispondenza biunivoca tra gli atti di indagine penale valutati ai fini cautelari e gli elementi indiziari apprezzati dal Prefetto a fini interdittivi, né sarebbe corretto ipotizzare, un rapporto di ancillarità tra i primi e i secondi che, ad esempio e in senso inverso, comporti l’invalidità derivata dell’informativa antimafia quale effetto automatico dell’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare disposta in sede di riesame.

Deve essere, quindi, escluso, per tornare al caso di specie, un analogo automatismo vincolante tra la misura cautelare adottata “a monte” dal giudice penale e l’informazione interdittiva assunta “a valle” dal Prefetto.

È del tutto evidente la diversità ontologica e funzionale delle due valutazioni, quella penale/indiziaria da un lato e quella amministrativa dall’altro, riservate a due distinti “poteri” dello Stato che pure vengono chiamati ad occuparsi della stessa vicenda fattuale.

Il giudice penale applica la misura cautelare sulla base delle condizioni tassativamente previste dall’art. 273 c.p.p. ovvero di esigenze cautelari tipizzate dalla legge; al contrario di ciò che si afferma, il Prefetto ha il compito, invece, di vagliare gli elementi emergenti da un’ordinanza di applicazione di misura cautelare anche alla luce di altri dati autonomamente acquisiti, al fine di interdire o meno un’impresa dall’accesso al mercato e dalla contrattazione con le Pubbliche Amministrazioni, assegnandole uno status di incapacità speciale (cfr. A.P. n. 3/2018).

Peraltro, anche volendo ammettere che tale nesso di presupposizione concretamente possa sussistere sul versante procedimentale, il Prefetto è sempre tenuto ad apprezzare se ed in quale misura la gravità del quadro indiziario emergente dalla ricostruzione del giudice penale possa propalare effetti controindicati a fini interdittivi nei confronti di imprenditori, siano essi o meno persone sottoposte alle indagini preliminari.

Del resto, il comma 2 bis, che pure prevede delle limitazioni al contraddittorio, non contempla affatto l’ipotesi della misura cautelare penale, quale fattore presuntivo assoluto di condizionamento criminoso e ciò anche a prescindere dall’identità dei soggetti coinvolti.

Ragionando diversamente, si consentirebbe al Prefetto di abdicare in modo del tutto irragionevole all’ampia discrezionalità dei poteri esercitabili in materia di informazioni antimafia sia in senso liberatorio che in senso interdittivo, poteri quantitativamente e qualitativamente accresciuti dalla riforma legislativa più sopra illustrata nell’ottica di approdare ad una frontiera applicativa più garantista e meno indiscriminata di uno dei fondamentali strumenti ordinamentali della lotta alla mafia.

  1. La Prefettura di Reggio Calabria non ha, dunque, agito in maniera conforme al novellato quadro normativo che, pur continuando a prevedere la sussistenza di fattispecie in cui l’esigenza “cautelare” legittima l’adozione del provvedimento odiernamente gravato “inaudita altera parte”, ha ampliato le garanzie in favore dell’impresa oggetto di “indagine” in chiave di prevenzione antimafia.

La mancata attivazione del contraddittorio procedimentale, alla luce di quanto osservato, vizia sia l’interdittiva impugnata che, in via derivata, i conseguenti provvedimenti comunali di revoca e ne impone l’annullamento.

  1. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso per motivi aggiunti è fondato e va accolto con conseguente assorbimento delle censure dedotte con il ricorso principale, fatte salve naturalmente le ulteriori determinazioni che la Prefettura di Reggio Calabria sarà tenuta ad assumere in sede di riedizione del potere amministrativo depurato dal vizio riscontrato all’esito del presente giudizio.
  2. La novità della questione trattata, in uno con le altalenanti risultanze della fase cautelare, rappresentano validi motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato per motivi aggiunti, lo accoglie come da parte motiva e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2023 con l’intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Andrea De Col, Primo Referendario, Estensore

Alberto Romeo, Referendario

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Andrea De Col Caterina Criscenti
 

IL SEGRETARIO

 

 

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