Contratti pubblici – Informativa interdittiva – Parentela – Familiari condannati all’ergastolo – Familiari soggetti a misure di sorveglianza – Rapporti con clan – Impresa individuale – Maggiore esposizione a condizionamenti mafiosi rispetto a società – Respinge.
ECLI:IT:TARRC:2023:393SENT
Pubblicato il 03/05/2023
- 00393/2023 REG.PROV.COLL.
- 00170/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 170 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, in proprio, nonché nella qualità di legale rappresentante della ditta individuale -OMISSIS- e in quella di socio amministratore e rappresentante legale della “-OMISSIS-”, già rappresentato e difeso dagli avvocati Concettina Siciliano e Albina Nucera ed ora dall’avvocato Raffaella Romeo con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliataria ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito n. 15;
Comune di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Palma Spataro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Anac, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
-dell’informazione antimafia prot. n. 0004959 emessa in data 15 gennaio 2020 dal Prefetto di Reggio Calabria-Ufficio Territoriale del Governo–Area 1, notificata in pari data al ricorrente con nota accompagnatoria prefettizia prot. n. 0005009 del 15 gennaio 2020 a mezzo pec con la quale, ex art. 91 comma 5 del D.lgs n. 6 settembre 2011 n. 159, è stato comunicato che “gli elementi oggettivi raccolti e sopra riferiti suffragano il quadro indiziario della presenza di possibili situazioni di infiltrazioni mafiose ai sensi dell’art. 91 D.lgs. n. 159/2011, tendenti a condizionare le attività di -OMISSIS-. La presente informazione ha carattere di interdittiva antimafia ai sensi degli articoli 84 e 91 del D. Lgs. n. 159/2011”;
-dell’ordinanza dirigenziale ascritta al Settore Sviluppo Economico Servizio Commercio e Artigianato del Comune di Reggio Calabria Ord. n. 181 dell’11 marzo 2020 prot. n. 55437 di pari data, notificata al ricorrente sig. -OMISSIS- a mezzo del Comando VV.UU. di Reggio Calabria in data 13 marzo 2020, con la quale “si dispone nei confronti del sig. -OMISSIS-, titolare dell’impresa individuale “-OMISSIS-“, con sede legale in Reggio Calabria -OMISSIS-, -OMISSIS-:
- di vietare con effetto immediato, la prosecuzione delle attività identificate con il codice:
– scia codice univoco -OMISSIS- (prot. n. -OMISSIS- del 24.03.2016), per l’esercizio dell’attività di “Self- service per il lavaggio e la pulizia di animali da compagnia”, con sede produttiva in -OMISSIS- – Reggio Calabria;
– scia codice univoco -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 18.05.2016, per l’esercizio dell’attività di “Autoriparatore nel settore meccatronica”, con sede produttiva in -OMISSIS- – Reggio Calabria;
-scia codice univoco -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 31.05.2016 per l’esercizio dell’attività di “Commercio di autovetture”, con sede produttiva in -OMISSIS- – Reggio Calabria;
-scia codice univoco -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 07.07.2017 per il trasferimento della sede dell’attività di agenzia d’affari per la vendita di auto, ciclomotori, moto, accessori usati, a mezzo mandato o procura, con sede produttiva in -OMISSIS- – Reggio Calabria;
- di revocare, con esito immediato, gli effetti prodotti dalla Scia cod. suap -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-”;
-del provvedimento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – comunicato con nota prot. 24 gennaio 2020 n. 0006040 ufficio SG USAN Ufficio Sanzioni Contratti Pubblici, trasmessa via pec in pari data –con il quale è stato disposto nei confronti dell’Impresa individuale di -OMISSIS-, la segnalazione ed inserimento nel casellario informatico ai sensi dell’art. 213, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016 degli operatori economici, esecutori di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, secondo quanto stabilito dal Regolamento per la gestione del Casellario dei Contratti Pubblici, di cui alla delibera del Consiglio dell’Autorità n. 861 del 2 ottobre 2019 del seguente testo di annotazione “Il Prefetto di Reggio Calabria con nota prot. n. 5038 del 15.1.2020, acquisita al protocollo Anac n. 3281 in pari data, ha trasmesso all’Autorità, ai sensi dell’art. 91 co 7-bis d.lgs. 159/2011, l’informazione interdittiva antimafia, ptvt. 4959 del 15.1.2020, con la quale informa che gli elementi oggettivi raccolti suffragano il quadro indiziario della presenza di possibili situazioni di infiltrazioni mafiose ai sensi dell’art. 91 del D.lgs. 159, tendenti a condizionare l’attività dell’impresa individuale -OMISSIS- con sede legale in Reggio Calabria —-OMISSIS-. Il medesimo provvedimento ha carattere di interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 84, 91 e 100 del D.lgs. 159/2011. La presente annotazione è iscritta nel casellario informatico ai sensi dell’art. 213 comma 10 del D.lgs 18 aprile 2016, n. 50”;
-nonché dei provvedimenti, atti e note ivi citati e richiamati ed in particolare:
-della nota della Questura di Reggio Calabria n. Cat. 6/D/PAS 2014 datata 16.04.2014;
-della nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria n. 226664/5-3 P datata 27.10.2018;
-della nota della Questura di Reggio Calabria n. Cat. Q2.2 /19/CA datata 22.08.2019;
-tutte le predette note di risultanze istruttorie rilasciate al ricorrente – in riscontro ad istanza di accesso agli atti del 28 gennaio 2020 con nota prefettizia prot. n. 0010885 del 30.01.2020;
-per l’annullamento e/o la disapplicazione, dei provvedimenti, atti e note ivi citati e richiamati ovvero non altrimenti noti ai ricorrenti, ivi compresa all’occorrenza la disapplicazione del decreto prefettizio n. 36195 W/2014 D.D.A. Area 1 bis di divieto di detenzione armi, munizioni ed esplosivi che la predetta informativa dei Carabinieri del 27 ottobre 2018 riferisce essere stato emesso nei confronti di -OMISSIS- in data 28.04.2014 e che, in quanto tale, risulterebbe essere stato assunto in violazione del giudicato della sentenza del Tribunale Amministrativo della Calabria Sezione di Reggio Calabria 17 settembre 2004 n. 703 nel ric n. 1771/2003 RG cha ha annullato precedente ed analogo provvedimento emesso dal Questore della Provincia di Reggio Calabria Cat. 6F/3^/2003 del 2 agosto 2003 di revoca della licenza di porto fucile;
-per l’annullamento e/o la disapplicazione di ogni atto istruttorio e/o provvedimento presupposto e/o correlato e/o connesso e delle informazioni acquisite per il tramite delle Forze di Polizia allo stato non ancore note che sin d’ora si impugnano sempre con riserva espressa di motivi aggiunti;
-avverso, altresì, ogni atto pregresso, collegato e/o presupposto in quanto diretto ad impedire alla impresa ricorrente ed allo stesso ricorrente, quale persona fisica, ditta individuale ed amministratore della società, di continuare a svolgere attività lavorativa e di impresa già avviata presso i locali destinati a sede legale e stabilimenti operativi;
-nonché per l’accertamento e la declaratoria
del diritto del ricorrente a continuare ad esercitare l’attività lavorativa ed imprenditoriale descritte nelle visura CCIAA e per i sopracitati Codici SCIA revocati dall’ordinanza comunale, con salvezza di tutti gli effetti autorizzativi, diretti ed indiretti che medio tempore si sono prodotti e consolidati, con ogni connesso e/o consequenziale diritto e facoltà ad esse correlate, ovverosia per lo svolgimento di ogni altra attività lavorativa e di impresa per le quali sia presupposto il rilascio di autorizzazioni e/o nulla osta da parte delle autorità amministrative e sanitarie preposte, nella concorrenza dei requisiti espressamente disciplinati dalla disciplina speciale;
nonché per l’accertamento
del diritto del ricorrente, in proprio e nelle qualità rivestite, al risarcimento del danno ingiusto ai sensi dell’art. 2 bis della legge 241/1990, con conseguente condanna delle amministrazioni al pagamento degli importi che saranno ritenuti dovuti ex art. 30 c.p.a, in conseguenza dei gravissimi danni morali e materiali ingiustamente subiti dal ricorrente, alla sua persona, alla ditta ed alla società, all’immagine, alla reputazione, al patrimonio ed all’organizzazione lavorativa per effetto della inibizione delle attività in oggetto, che a motivo del rilevantissimo disvalore ad essa sotteso è destinata a riverberarsi negativamente sui soggetti destinatari e sulle loro relazioni familiari, personali, professionali e lavorative, in quanto direttamente causativa della pubblica onta e dell’ingiuria ed isolamento sociale, della morte della società per impossibilità di proseguirne la mission e lo scopo sociale nelle relazioni con le pubbliche amministrazioni; ed altresì per ogni altra conseguenza alla quale il predetto ricorrente in proprio e nella sua qualità abbia a rispondere verso terzi (clienti, fornitori ed enti), a causa della interruzione ex abrupto e della revoca delle attività per come descritti e quantificati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria e del Comune di Reggio Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2023 il dott. Andrea De Col e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- A seguito della richiesta inoltrata dal Comune di Reggio Calabria ai sensi degli artt. 91 e 100 del D.lgs n. 159/2011, la Prefettura di Reggio Calabria ha adottato in data 15.01.2020 l’informazione interdittiva, oggetto del presente giudizio, nei confronti di -OMISSIS-, titolare dell’omonima ditta individuale impegnata nell’attività di agenzia d’affari per la vendita di auto e motoveicoli e socio amministratore, assieme al cugino -OMISSIS-, della “-OMISSIS-” che gestisce un impianto di distribuzione di carburanti nel capoluogo reggino in -OMISSIS-.
- La Prefettura ha desunto il pericolo di un significativo condizionamento mafioso delle ditte in parola da una pluralità di dati investigativi, tutti incentrati sui controindicati e ramificati rapporti di parentela del ricorrente con soggetti intranei alla cosca locale dei -OMISSIS- (notoriamente radicata nei rioni di -OMISSIS- e -OMISSIS- di Reggio Calabria), protagonisti in negativo di importanti operazioni antimafia (“-OMISSIS-) ed attualmente detenuti all’ergastolo per reati di mafia (come gli zii -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-) e/o già colpiti da misure di prevenzione (il padre -OMISSIS- e lo zio -OMISSIS-, padre del sopracitato -OMISSIS-).
A sostegno del pericolo di condizionamento veniva sottolineato l’esistenza di un’altra informazione interdittiva emessa il 09.10.2019 nei confronti della ditta individuale di -OMISSIS- (cugina di 2° grado) operativa sempre a Reggio Calabria in -OMISSIS-.
A suggello della prognosi negativa veniva evidenziato lo scioglimento per mafia del Comune di Reggio Calabria avvenuto nell’ottobre del 2012, il peculiare settore delle autorizzazioni comunali in cui operavano le società del ricorrente notoriamente attrattivo per gli interessi della malavita organizzata, il dato del comune indirizzo di residenza con il padre -OMISSIS- e la rilevanza del precedente di questo TAR (sent. n. 355/2019) che, valorizzando sempre il controindicato rapporto di parentela, aveva confermato un’interdittiva nei confronti di un’altra impresa riconducibile alla famiglia -OMISSIS-.
- Il ricorrente ha impugnato l’informazione interdittiva e in via derivata: a) la conseguente ordinanza dirigenziale ascritta al Settore Sviluppo Economico Servizio Commercio e Artigianato del Comune di Reggio Calabria (Ord. n. 181 dell’11 marzo 2020) con la quale è stato disposto il divieto di prosecuzione di tutte le attività commerciali della ditta individuale con sede produttiva in -OMISSIS- di Reggio Calabria; b) la segnalazione e l’inserimento nel casellario informatico ai sensi dell’art. 213, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016 degli operatori economici, esecutori di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture disposta da ANAC e comunicata il 24.01.2020.
- Per chiedere l’annullamento degli atti impugnati il ricorrente articolava quattro gruppi di censure riconducibili alla violazione di legge (artt. 84, 91 e 100 D.lgs n. 159/2011), all’assenza e/o al travisamento dei presupposti per l’adozione della misura interdittiva, nonché alla carenza di motivazione e di istruttoria.
In estrema sintesi, egli ha sostenuto, da un lato, l’assenza a suo carico di precedenti penali e di carichi pendenti e, dall’altro, la totale insufficienza del mero dato parentale che non sarebbe qualificato da alcun tipo di cointeressenza economica con esponenti di associazioni mafiose, seppure a lui legati da rapporti di parentela.
Ha evidenziato, altresì, l’estraneità ad ogni vicenda delittuosa in cui erano stati coinvolti i familiari e a frequentazioni con altri soggetti controindicati, valorizzando, anzi, la sentenza n. 703/2004 di questo Tribunale che aveva annullato il divieto di detenzione di armi e munizioni assunto a suo carico e basato, a suo dire, sugli stessi elementi che avrebbero supportato l’adozione dell’odierna misura interdittiva e criticando l’eccessiva enfasi che il Prefetto avrebbe assegnato alla sentenza n. 355/2019 resa dal TAR su altre vicende che non lo riguarderebbero.
Ha proposto, infine, la domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla ritenuta illegittimità dei provvedimenti impugnati.
- Con decreto n. 30 del 2 aprile 2020 il Presidente del TAR rigettava la domanda di misure cautelari urgenti.
- Per resistere al ricorso si sono costituiti il 17.04.2020 la Prefettura di Reggio Calabria con atto di mera forma e, in pari data, il Comune di Reggio Calabria, argomentando sull’infondatezza del gravame con articolata memoria difensiva.
- Acquisita agli atti in data 18.04.2020 l’ulteriore memoria di parte ricorrente, con ordinanza n. 83 del 23.04.2020, non appellata, il Tribunale ha respinto la domanda cautelare per carenza di fumus boni iuris, disponendo contestualmente istruttoria a carico dell’Amministrazione statale resistente.
- In data 18.06.2020 la difesa erariale depositava copia dell’interdittiva emessa il 09.10.2019 a carico della ditta individuale di -OMISSIS-, richiamata nel provvedimento impugnato.
- Il ricorrente depositava atto di costituzione con nuovo difensore in data 01.03.2023, insistendo sulle conclusioni già rassegnate in atti.
- All’udienza pubblica del 22 marzo 2023 il Collegio tratteneva la causa in decisione.
- Il ricorso è infondato e deve essere respinto, non ravvisandosi ragioni per discostarsi dalle sfavorevoli valutazioni prognostiche sommariamente dedotte in sede cautelare.
Va innanzitutto premesso che le contrarie argomentazioni difensive, pur pregevolmente esposte nel corso della discussione orale, non valgono a sovvertire l’impianto indiziario composto dalla Prefettura di Reggio Calabria, poiché in parte evocano fatti sopravvenuti all’epoca di adozione dell’informazione interdittiva di cui peraltro non v’è traccia in atti, in parte tendono a “parcellizzare” il quadro di insieme, convergente nel collocare le ditte del ricorrente al centro di una rete di rapporti parentali e relazionali con soggetti pacificamente riconducibili alla cosca criminale dei “-OMISSIS-” dalla cui influenza non appaiono ancora completamente sottratte.
Le censure sviluppate dal medesimo ricorrente, suscettibili di una valutazione congiunta essendo tra loro strettamente connesse, si limitano ad una critica generica del quadro indiziario ricostruito dall’Autorità prefettizia, appellandosi a consolidati orientamenti giurisprudenziali che, sebbene astrattamente condivisibili, risultano in concreto inidonei a scalfire sia gli elementi di fatto posti a sostegno dell’atto impugnato, sia le ragioni in base alle quali quegli stessi elementi propendono a far ritenere ragionevolmente probabile la sussistenza di un condizionamento criminoso cui le imprese in parola possono essere esposte.
È ormai principio acquisito in giurisprudenza che “Il Prefetto adotta legittimamente l’informativa sulla base di elementi sintomatici ed indiziari dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza – quali una condanna non irrevocabile, l’irrogazione di misure cautelari, il coinvolgimento in un’indagine penale, collegamenti parentali, cointeressenze societarie e/o frequentazioni con soggetti malavitosi – che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di probabilità che l’attività d’impresa sia in grado, anche in maniera indiretta, di agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata” (cfr. Cons. Stato sez. III, 19 gennaio 2015 n. 115). Lo stesso art. 91 co. 5 D.lgs n. 159/2011 consente al Prefetto di estendere gli accertamenti “pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte e gli indirizzi dell’impresa”.
In una prospettiva tesa ad apprezzare l’intensità del rapporto di parentela con soggetti intranei e/o contigui alla mafia la giurisprudenza, puntualmente richiamata dal Comune resistente, ha stabilito che: “È legittima l’informativa antimafia basata su rapporti parentali con esponenti della famiglia malavitosa locale, ove la parentela sia ramificata e il destinatario dell’informativa sia un imprenditore singolo (ditta individuale), perché questo può far plausibilmente ritenere che sia più facile un suo condizionamento da parte di esponenti della famiglia malavitosa locale, a differenza di quello che può avvenire nei confronti di una società, composta di più soggetti” (v. Cons. Stato sez.VI 18 agosto 2010 n.5879; Cons. Stato sez. III, 6 settembre 2012).
- Venendo al caso concreto, poste le suddette premesse di ordine ermeneutico, è dirimente verificare se l’esclusiva rilevanza assegnata dalla Prefettura ai rapporti familiari del ricorrente sia di per sé sufficiente a giustificare la sfiducia delle istituzioni verso una ditta individuale il cui titolare è sì allo stato incensurato, ma pur sempre inserito in uno specifico contesto territoriale notoriamente influenzato dalla presenza costante e pervasiva di un’importante cosca di ‘ndrangheta di cui egli prende il nome.
Si tratta di un campo di indagine già esplorato dalla Sezione nelle sentenze n. 700 del 30 ottobre 2022 e n. 251 del 6 aprile 2021 che, occupandosi di vicende parzialmente sovrapponibili a quella in decisione, hanno stabilito a quali condizioni giuridiche e fattuali il rapporto di parentela può validamente assurgere ad un unico e decisivo fattore indiziario del rischio di condizionamenti criminosi.
Più nel dettaglio, il Tribunale ebbe in quelle occasioni a precisare che “Con riguardo alla rilevanza del rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti o contigui alla criminalità organizzata…va, anche in questa sede, ribadito il costante insegnamento giurisprudenziale, in base al quale il mero rapporto di parentela (o di affinità), in assenza di ulteriori elementi, non è di per sé idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione, in quanto non può ritenersi l’esistenza di un vero e proprio automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, ed il condizionamento dell’impresa, che deponga nel senso di un’attività sintomaticamente connessa a logiche e ad interessi malavitosi….Ciò nondimeno, tale elemento – non isolatamente considerato, ma complessivamente riguardato nel novero dei rilievi acquisiti dall’Autorità–ben può assurgere a concorrente (e rilevante) profilo di emersione della tipologia infiltrativa, suscettibile di legittimamente giustificare il contenuto interdittivo dell’informativa….Sotto questo profilo, anche il particolare contesto socio-ambientale può costituire un valido indice di rilevamento della permeabilità mafiosa dell’impresa qualora i soggetti controllati condividono l’ambito finanziario dei rapporti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2014 n. 3595)”.
E ancora che “La giurisprudenza amministrativa poi ha più volte evidenziato che, in punto di rilevanza delle relazioni familiari, vanno evitate soluzioni aprioristiche, essendo detto rapporto il dato storico che forma la premessa minore di un’inferenza calibrata sulla massima d’esperienza secondo cui i vincoli familiari espongono il soggetto all’influenza del terzo. Ma l’attendibilità, in concreto, della deduzione dipende anche da una serie di circostanze che qualificano il rapporto di parentela, quali, soprattutto, l’intensità del vincolo e il contesto in cui si inserisce (in questi termini ex multis, Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2017 n. 3173)”.
Ancora più nello specifico, giova inoltre richiamare la sentenza di questo TAR n. 355/2019 (citata nell’interdittiva gravata) che, proprio con riferimento alla “famiglia” -OMISSIS-, pacificamente ritenuta “dominante” nei quartieri di Reggio Calabria dove operano i rami aziendali delle imprese del ricorrente, ha chiarito che “nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza. Una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione”.
- Ritiene il Collegio che il provvedimento impugnato non si è adagiato sul mero richiamo ai rapporti parentali, avendo valorizzato in maniera sufficientemente adeguata altri elementi indiziari che, complessivamente considerati sul piano dell’efficacia preventiva della misura inibitoria, depongono per il rischio di infiltrazione nella vicenda in esame.
Dall’attenta analisi del compendio istruttorio, arricchito dalla documentazione da ultimo acquisita d’ufficio dalla difesa erariale (interdittiva del 09.10.2019 a carico di -OMISSIS-), emerge infatti che:
– diversi componenti della famiglia del ricorrente (gli zii -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-) risultano tuttora condannati all’ergastolo per reati di mafia, mentre altri (-OMISSIS- e -OMISSIS-) risultano già colpiti dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale;
– per il “peso” esercitato sul territorio, testimoniato dalle importanti operazioni antimafia (“-OMISSIS-) il “clan” dei -OMISSIS- appare fungere da “collante” e/o da punto di riferimento per la famiglia del ricorrente, se non altro per aver profuso e profondere la propria azione pervasiva in un ben preciso e circoscritto ambito territoriale del Comune di Reggio Calabria.
Prova ne sia la comprovata influenza invasiva del “clan” verso altre imprese “minori”, ma pur sempre rette da familiari “prestati” alle convenienze di inquinanti strategie imprenditoriali cui fanno da costante i ruoli soggiacenti ricoperti dai parenti di turno (v. ad es. il caso della ditta di -OMISSIS-, colpita in epoca relativamente recente da informazione interdittiva a causa di un reato “spia” contestato ai danni della sorella o quello della moglie di -OMISSIS- di cui si è occupata la menzionata sentenza di questo TAR n. 355/2019).
Da questo sostrato familiare il ricorrente non ha dimostrato di aver preso consapevolmente le distanze né di essersi dissociato con condotte idonee a segnare una netta cesura con il passato, condotte che lo avevano spinto nel 2010 ad entrare in società con il cugino -OMISSIS- (collaborazione terminata il 04.03.2020 con il recesso del ricorrente dalla società di carburanti da costoro gestita), quasi a voler sottolineare lo stringente vincolo solidaristico e le irrinunciabili cointeressenze economiche tra i diversi rami della famiglia;
– se è vero che -OMISSIS-, padre del ricorrente, ha ottenuto la riabilitazione (v. doc. n. 7 di parte ricorrente), è anche vero che allo stesso è stato inibita la detenzione di armi e munizioni con provvedimento confermato da questo TAR (v. sent. n. 1205/2016) a causa delle frequentazioni con soggetti attinti da procedimenti penali per associazione di tipo mafioso. Altri fattori indiziari, evidentemente sottovalutati ex adverso, risultano il medesimo indirizzo di residenza che costui condivide con il figlio odierno ricorrente e l’aver continuato ad esercitare, almeno fino al 2015, attività economiche nello stesso settore imprenditoriale di quest’ultimo.
- Quanto appena esposto disvela uno “spaccato” parentale particolarmente intenso e pregnante, espressivo di quella tipica “influenza di fatto” che, all’interno di una “famiglia”, può condizionare, in modo più o meno consapevole ed occasionale e pur sempre secondo i criteri della verosimiglianza, i titolari di un’impresa e i familiari che siano soggetti affiliati, organici o contigui a contesti malavitosi, laddove tali rapporti, per loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, in un’ottica probabilistica, che l’impresa ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere “coordinate”, anche indirettamente, dalla criminalità organizzata.
In questo senso l’equazione tra rapporto familiare e comunanza di interessi economici non finisce per tradursi in un dato meramente congetturale, ma è suffragata da altri elementi indiziari risultanti dagli atti e da massime di esperienza suscettibili di verifica empirica.
14.1. Sotto il profilo appena accennato, il Collegio non può esimersi dal sottolineare che:
– la formale correttezza dell’attività imprenditoriale è, di per sé, insuscettibile di sottrarre quest’ultima al pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, la quale è solita ed interessata ad investire i proventi delle proprie pratiche illecite in imprese operanti secondo criteri di regolarità esteriore, proprio al fine di superare i controlli svolti dagli organi all’uopo deputati e così salvaguardare le proprie ricchezze (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343);
-se il soggetto destinatario di un’interdittiva, come il ricorrente, è incensurato, ciò è assolutamente irrilevante “non costituendo l’assenza di condanne penali elemento da solo sufficiente ad arginare il pericolo di condizionamenti mafiosi (condizionamenti che, al contrario, risultano tanto più probabili nell’ambito di un contesto malavitoso – quale quello che qui emerge – nel cui ambito i vincoli di parentela assumono un’importanza del tutto preminente)… è dato di comune esperienza, poi, che le formazioni mafiose siano solite servirsi di persone incensurate, ma pur sempre legate da “coperture” familiari per perseguire scopi illeciti di varia natura” (cfr. TAR Reggio Calabria 25 ottobre 2022 n. 700).
– non appare nemmeno decisivo l’insistito richiamo argomentativo all’annullamento del divieto di detenzione e porto d’armi da parte della sentenza n. 703/2004 di questo TAR, non potendo aver tenuto conto dell’evoluzione della capacità criminale della “cosca” e della avvolgente spirale di mafiosità scaricata sul territorio e culminata successivamente nelle operazioni antimafia più sopra citate;
– appare viceversa degna di nota la struttura di una delle imprese del ricorrente, di cui si è tenuto conto nel provvedimento interdittivo che è a base sostanzialmente individuale, come tale più facilmente esposta a condizionamenti criminali rispetto a quanto possa verificarsi per un’impresa strutturata in forma societaria (in tal senso, Cons. Stato, sez. III, 6 settembre 2012, n. 4740, che ha confermato la sentenza di questo T.A.R., n. 158/2011);
– si reputa, altresì, rilevante l’ulteriore elemento, ben valorizzato dal gravato provvedimento, della richiesta di certificazione, all’esito della quale è intervenuto il provvedimento oggi gravato, ai sensi dell’art. 100 D. Lgs. 159/2011 dettata dallo scioglimento per mafia del Comune di Reggio Calabria avvenuto nel 2012 anche a causa dell’ingerenza delle cosche operanti nella zona di -OMISSIS- (la stessa zona nella quale si svolgono le attività riconducibili ad -OMISSIS-).
- In definitiva, l’impugnata informazione interdittiva appare ragionevolmente e motivatamente fondarsi sull’emersione di dati concretamente rappresentativi della probabile influenza di soggetti pericolosi verso le imprese del ricorrente e del tuttora non superato rischio di permeabilità criminosa cui le stesse potrebbero essere attualmente esposte.
- La riconosciuta infondatezza della domanda di annullamento dell’informazione interdittiva impone il rigetto del ricorso anche nella parte in cui è rivolto a denunciare l’illegittimità del divieto di prosecuzione dell’attività economica del ricorrente adottato in via necessariamente consequenziale dal Comune di Reggio Calabria.
- Di conseguenza è pure infondata la domanda risarcitoria in mancanza della necessaria attività antigiuridica delle Amministrazioni resistenti.
- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere, dunque, respinto.
- Le spese seguono la soccombenza e, tenuto conto anche della violazione del principio di sinteticità degli atti, vengono poste a carico di parte ricorrente nella misura indicata in dispositivo nei confronti di ciascuna delle parti resistenti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore delle Amministrazioni resistenti, delle spese di giudizio che liquida in € 1.000,00 (mille/00) per ciascuna parte, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2023 con l’intervento dei magistrati:
Caterina Criscenti, Presidente
Andrea De Col, Primo Referendario, Estensore
Antonino Scianna, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Andrea De Col | Caterina Criscenti | |
IL SEGRETARIO
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