Contratti pubblici – Informativa interdittiva – Parentela – Fratelli dell’amministratore coinvolti in imprese interdette – Reati associativi a carico del padre – Sentenze di non luogo a procedere per prescrizione – Irrilevanza – Non elidono il rischio di infiltrazione – Respinge.

ECLI:IT:TARRC:2023:377SENT

Pubblicato il 02/05/2023

  1. 00377/2023 REG.PROV.COLL.
  2. 00442/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 442 del 2020, proposto dalla ditta -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Diego Brancia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gabriele D’Ottavio, in Reggio Calabria, via Zecca, 7;

contro

Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliataria ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;

per l’annullamento

– dell’informazione interdittiva antimafia emessa nei confronti della ricorrente dalla Prefettura di Reggio Calabria prot. n. 0075438 del 20.07.2020, notificata in pari data a mezzo di posta elettronica certificata, unitamente al documento avente ad oggetto “Diniego di iscrizione nella White List ai sensi del DPCM 18 aprile 2013”;

– di ogni provvedimento presupposto, successivo e/o comunque propedeutico al diniego dell’iscrizione nell’elenco dei fornitori dell’Ente oltre che del preavviso di diniego dell’iscrizione in White List del 20.7.2020 (prot. uscita n. 0075419);

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2023 il dott. Antonino Scianna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

  1. La ditta -OMISSIS-, nella persona dell’amministratore unico -OMISSIS-, agisce per l’annullamento dell’informazione interdittiva antimafia, prot. n. 0075438, emessa il 20 luglio 2020 dal Prefetto di Reggio Calabria.
  2. L’odierno provvedimento origina dall’istruttoria svolta dall’autorità prefettizia in esito alle richieste di varie Pubbliche Amministrazioni intese ad ottenere il rilascio della informazione antimafia exart. 91 del D.lgs. n. 159/2011 nei confronti della ricorrente.

Dalla istruttoria compiuta è però emerso un quadro indiziario reputato dal Prefetto di sicura rilevanza, inducendolo a valutare come in effetti sussistente il rischio di infiltrazione nella ditta di proprietà del ricorrente delle consorterie criminali.

Tale rischio è stato in particolare desunto dalle seguenti circostanze:

– nei confronti della ricorrente l’autorità prefettizia aveva già adottato un primo provvedimento interdittivo in data 2 agosto 2010, confermato in esito ad istanza di riesame in data 4 settembre 2012;

– entrambi i provvedimenti hanno resistito alle impugnazioni proposte dalla ricorrente dinanzi a questo Tribunale Amministrativo ed al Consiglio di Stato (cfr. Sentenze di questo Tribunale Amministrativo 06.07.2011 n. 681 e 18.11.2015 n. 1210, Consiglio di Stato, Sez. III, 02.02.2017 n. 739), ed erano stati adottati in ragione delle cointeressenze della società interdetta con la ditta -OMISSIS-, a propria volta destinataria di certificazione antimafia interdittiva;

– il coinvolgimento di -OMISSIS-, amministratore unico e legale rappresentante della ricorrente, nei procedimenti penali conseguenti alle operazioni denominate “-OMISSIS-” ed “-OMISSIS-”, definiti nei suoi riguardi con sentenze di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione che però non valgono ad elidere il rischio di infiltrazione;

– la circostanza che il ripetuto -OMISSIS- era socio accomandatario della “-OMISSIS-. destinataria come detto di interdittiva antimafia, e che risulta avere ceduto il ramo d’azienda, relativo agli appalti pubblici, alla odierna ricorrente;

– le cointeressenze economiche tra -OMISSIS- ed il fratello -OMISSIS-, il quale è titolare di un’impresa individuale pure destinataria di interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 24 febbraio 2020, ed inoltre è stato dipendente della summenzionata -OMISSIS- e della odierna ricorrente, di cui detiene il 70% del capitale sociale;

– i legami di parentela di -OMISSIS- con il padre -OMISSIS-, ritenuto contiguo ad una delle locali consorterie criminali e gravato da pregiudizi per reati associativi, e con il fratello -OMISSIS-, Amministratore Unico e socio della “-OMISSIS-“, pure destinataria di informazione antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria;

– la circostanza che le forze di polizia abbiano indicato -OMISSIS- e -OMISSIS- quali elementi vicini alle consorterie criminali attive in Oppido Mamertina e zone limitrofe.

  1. Per chiedere l’annullamento del provvedimento interdittivo in discorso è dunque insorto la ricorrente con il ricorso in epigrafe, notificato il 7 settembre 2020 e depositato il 21 settembre successivo.

Il mezzo è affidato ad un’unica censura con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 91 e 93 del D.lgs. n. 159/2001, la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta motivazione apparente.

Denunzia parte ricorrente che l’Amministrazione intimata non avrebbe fornito alcun elemento che possa ragionevolmente fondare l’adozione di un provvedimento interdittivo antimafia, atteso che gli elementi valorizzati dall’autorità prefettizia sarebbero caratterizzati da assoluta genericità, ed inidonei ad integrare la struttura della fattispecie che sovrintende all’emissione di provvedimenti con carattere interdittivo.

Ci si duole in particolare del fatto che la Prefettura avrebbe valorizzato episodi e legami privi di significato indiziante, come quello dell’amministratore della ricorrente con il padre -OMISSIS- che da anni sarebbe stato riabilitato. Per altro verso si sostiene che sarebbero irrilevanti anche le cointeressenze di -OMISSIS- con il fratello -OMISSIS-, atteso che il provvedimento impugnato non chiarirebbe in che modo questo ultimo riesca a condizionare l’impresa ricorrente, e si sottolinea come i reati contestati al primo nell’ambito dei procedimenti “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-” siano stati dichiarati prescritti.

Sotto diverso profilo, parte ricorrente lamenta altresì il vizio di istruttoria da cui sarebbe affetto il provvedimento impugnato, che non terrebbe conto della relazione della Stazione Carabinieri di Oppido Mamertina datata 15.07.2011, che di -OMISSIS- tratteggia un profilo assai diverso da quello che emerge dal provvedimento impugnato escludendo la presenza di elementi idonei a suffragare la sussistenza del rischio di condizionamento mafioso.

  1. In data 29.09.2020 si è costituita con memoria di stile l’Amministrazione intimata che ha depositato documentazione.

Con ordinanza n. 222 in data 09.10.2020 la Sezione ha respinto la domanda cautelare della ricorrente.

In vista della discussione le parti non hanno sottoposto all’attenzione del Collegio nuovi documenti o prospettazioni difensive e la causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza pubblica del 22 marzo 2023.

  1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Questa Sezione ha già, ripetutamente, chiarito come l’interdittiva antimafia costituisca una misura preventiva che prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che ne sono colpiti, che si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente e che è volta a colpire l’azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti con la Pubblica amministrazione.

Per la sua natura cautelare e la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione l’interdittiva non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi, in base ai quali non sia illogico o irragionevole ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste.

Ai fini dell’adozione del provvedimento interdittivo occorre, pertanto, non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, ma soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata.

  1. Tanto doverosamente premesso, osserva il Collegio come il gravato provvedimento interdittivo dia ampia contezza dell’articolato intreccio di legami familiari e cointeressenze economiche che legano -OMISSIS- ai fratelli ed al padre, gravato da significativi precedenti penali, ritenuto vicino alla cosca “-OMISSIS-”, e nella cui abitazione nel 2015 in esito ad una perquisizione venne rinvenuto un manoscritto riportante i rituali di affiliazione alla `ndrangheta.

Come già evidenziato nel corso della fase cautelare, la valutazione prognostica del rischio di condizionamento mafioso dell’impresa ricorrente è resa, poi, certamente attendibile dalle evidenti cointeressenze economiche tra il ridetto -OMISSIS- ed il fratello -OMISSIS-, titolare di una ditta individuale destinataria di interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 24 febbraio 2020, che è stato dipendente sia della summenzionata -OMISSIS- che della odierna ricorrente di cui inoltre detiene il 70% del capitale sociale.

Ancora analogo rilievo indiziante riveste, per altro verso, la circostanza che l’altro fratello dell’amministratore della ricorrente, -OMISSIS-, sia a propria volta amministratore unico e socio della “-OMISSIS-“, anch’essa destinataria di informazione antimafia dalla Prefettura di Reggio Calabria.

In punto di rilevanza delle relazioni familiari la giurisprudenza amministrativa ha più volte evidenziato che vanno evitate soluzioni aprioristiche, essendo detto rapporto il dato storico che forma la premessa minore di un’inferenza calibrata sulla massima d’esperienza secondo cui i vincoli familiari espongono il soggetto all’influenza del terzo. L’attendibilità, in concreto, della deduzione dipende però da una serie di circostanze che qualificano il rapporto di parentela, quali, soprattutto, l’intensità del vincolo ed il contesto in cui si inserisce (in questi termini ex multis, Cons. di Stato, sez. III, 28 giugno 2017 n. 3173).

Dunque se è vero che la giurisprudenza esclude l’automatismo dell’interdittiva per la mera sussistenza di legami familiari, è pur vero anche che nella vicenda all’esame sussiste proprio quella pluralità ed intensità di rapporti, neanche contestati dall’amministratore della ricorrente, considerata dalla giurisprudenza idonea a far legittimamente ipotizzare la sussistenza del rischio di condizionamento mafioso.

  1. Rileva inoltre la circostanza che -OMISSIS-, unitamente al padre, sia considerato dalle forze di polizia “elemento di spicco” (cfr. relazione della Questura di Reggio Calabria del 12.03.2018, allegato 021 dell’atto di costituzione dell’Amministrazione resistente) delle consorterie criminali che operano ad Oppido Mamertina, e sia stato coinvolto nei procedimenti penali conseguenti alle operazioni denominate “-OMISSIS-” ed “-OMISSIS-”.

Sotto questo specifico profilo non colgono nel segno le argomentazioni difensive della parte ricorrente, che sottolinea che tali procedimenti penali siano stati definiti con sentenze di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Tale circostanza non elide, infatti, l’originario quadro sintomatico della permeabilità della ditta ricorrente alle infiltrazioni della criminalità organizzata.

Sul punto va osservato come costituisca solido approdo della giurisprudenza formatasi in materia di informazioni antimafia di contenuto interdittivo, quello per cui i poteri inibitori attribuiti all’Autorità di Pubblica Sicurezza sono esercitabili già in uno stadio preliminare del procedimento penale, anche in presenza di condotte non penalmente rilevanti e persino nell’ipotesi in cui i procedimenti penali si siano conclusi con un’archiviazione o un’assoluzione (in termini, Consiglio di Stato Sezione III 08/07/2020, n.4372). Tanto più queste considerazioni valgono nel caso di procedimenti penali definiti con sentenza di non luogo a provvedere o di estinzione del reato contestato per effetto dell’intervenuta prescrizione che, di per sé, non può valere ad elidere il rischio di infiltrazione.

  1. La Sezione reputa, dunque, che le circostanze evidenziate dall’autorità prefettizia, afferenti all’amministratore della ricorrente ed ai suoi più stretti familiari, lungi dal poter essere dequotate ad eventi e vicende, per dir così, esterne alla -OMISSIS-, costituiscono elementi che, complessivamente considerati, forniscono significativi indizi del pericolo di infiltrazione mafiosa, e che presentano requisiti di concretezza e di attualità dai quali può, legittimamente, desumersi il pericolo che la ditta ricorrente possa essere infiltrata dalla mafia.

Deve quindi ritenersi che, stante l’ampia discrezionalità di apprezzamento di cui gode l’autorità prefettizia in materia, il provvedimento gravato non disvela né elementi di irragionevolezza né di travisamento dei fatti, tali da giustificare un sindacato giurisdizionale di segno negativo stante, per altro, che è motivato in modo organico e coerente, e dà conto di fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, dai quali, può senz’altro pervenirsi, in via presuntiva, alla conclusione ragionevole che il rischio di infiltrazione mafiosa della ditta ricorrente sia effettivo.

  1. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso è infondato e va respinto.
  2. Le spese seguono la soccombenza e nella misura indicata in dispositivo sono liquidate a favore del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero dell’Interno, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2023 con l’intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Andrea De Col, Primo Referendario

Antonino Scianna, Primo Referendario, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonino Scianna Caterina Criscenti
 

IL SEGRETARIO

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