ECLI:IT:TARPA:2023:3070SENT

Antimafia – Comunicazione interdittiva – In seguito a sentenza di patteggiamento penale – Non è più equiparante a sentenza di condanna (D.lgs. 150/22) – Mezzo di prova – Esclusione – Accoglie.  

Pubblicato il 16/10/2023

  1. 03070/2023 REG.PROV.COLL.
  2. 00340/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 340 del 2023, proposto dall’impresa-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il loro studio in Palermo, viale Libertà n. 171;

contro

– il Ministero dell’Interno e la Prefettura –Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Valerio Villareale n. 6, sono per legge domiciliati;

per l’annullamento

– del provvedimento di informazione interdittiva antimafia prot. n. 21711 del 06/02/2023 adottato dal Prefetto di Palermo e comunicato con nota prot. n. 22000 del 06/02/2023;

– della nota prot. n. 188044 del 02/12/2022 di comunicazione del preavviso di diniego ai sensi dell’art. 92, comma 2-bis, D.lgs. n. 159/2011;

– degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l’ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- del 2 marzo 2023;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura –Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, e vista la documentazione depositata in ottemperanza all’ordinanza su citata;

Vista la memoria difensiva delle resistenti Amministrazioni;

Vista l’ordinanza cautelare n. -OMISSIS- del 21 marzo 2023, e vista l’ordinanza del C.G.A. n. -OMISSIS- del 15 maggio 2023;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 il consigliere Maria Cappellano, e uditi i difensori delle parti, presenti come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

  1. – Con il ricorso in esame, notificato il 16 febbraio 2023 e depositato il 1° marzo, la società odierna istante ha impugnato l’informazione interdittiva antimafia del 6 febbraio 2023 adottata dal Prefetto di Palermo.

Espone, al riguardo, che:

– la società è stata costituita in data 14 gennaio 2013;

– la Prefettura di Palermo, con nota prot. n. 188044 del 2 dicembre 2022, ha comunicato, ai sensi dell’art. 92, co. 2 bis, del d. lgs. n. 159/2011, che il Gruppo Provinciale Interforze nella seduta del 24 novembre 2022 aveva proposto l’adozione di un provvedimento antimafia interdittivo, ai sensi degli articoli 84, 89 bis e 91 del d. lgs. n. 159/2011, nei confronti della società ricorrente in quanto a carico dell’amministratore unico era stata emessa la sentenza resa il 22 gennaio 1991 di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex artt. 444 e 445 c.p.p., dal GIP del Tribunale di Palermo, irrevocabile il 20 febbraio 1999, per “il reato di favoreggiamento personale continuato in concorso con l’aggravante di cui art. 7, comma 1, d.l. 13 maggio 1991 n. 152” con cui veniva irrogata la reclusione di anni 1 e mesi 9 con il beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 163 c.p.;

– il legale rappresentante della ditta istante ha replicato alla suddetta comunicazione, richiamando l’art. 67, co. 4, del d. lgs. n. 159/2011 secondo cui i divieti e le decadenze di cui ai commi 1 e 2 della stessa disposizione “sono efficaci per un periodo di cinque anni”, termine scaduto in quanto la sentenza di patteggiamento era divenuta definitiva in data 20 febbraio 1999; nonché, il nuovo disposto di cui all’art. 445, co. 1 bis, c.p.p.;

– la Prefettura ha adottato comunque il provvedimento antimafia interdittivo “ex artt. 84, 89-bis e 91 del D.lgs. 159/2011”.

Si duole pertanto del provvedimento impugnato, deducendo le censure di:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 84, 89 bis e 91 del d.lgs. N. 159/2011. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica. Difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione. Illogicità manifesta;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 445, comma 1-bis, c.p.p., nonchè degli artt. 67, 84, 89bis e 91 del d.lgs. N. 159/2011. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica. Difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione. Illogicità manifesta;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 166, comma 2, c.p. eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica. Travisamento dei fatti. Difetto ed erroneità dei presupposti e di motivazione. Illogicità manifesta.

Ha, quindi, chiesto, previo accoglimento dell’istanza cautelare, l’annullamento degli atti impugnati, con il favore delle spese.

  1. – Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura –Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, depositando la documentazione richiesta con l’ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- del 2 marzo 2023 e avversando il ricorso e la contestuale istanza cautelare con memoria difensiva, chiedendone la reiezione.
  2. – Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS- del 21 marzo 2023 – riformata dal C.G.A. con ordinanza n. -OMISSIS- del 15 maggio 2023 – è stata respinta l’istanza cautelare.
  3. – All’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023, uditi i difensori delle parti, presenti come specificato nel verbale, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

  1. – Viene in decisione il ricorso promosso dalla società odierna istante avverso l’informazione interdittiva antimafia del 6 febbraio 2023 adottata dal Prefetto di Palermo.
  2. – Ritiene il Collegio – re melius perpensa, e tenuto conto delle indicazioni fornite dal C.G.A. – di rivedere la delibazione assunta in fase cautelare, in quanto il ricorso è fondato.

B.1. – Sono fondati, in particolare, il secondo e il terzo motivo del ricorso, con i quali è stata dedotta, rispettivamente, la violazione dell’art. 445, co. 1 bis, c.p.p. e 67 del d. lgs. n. 159/2011; nonché, dell’art. 166, co. 2, c.p. e il difetto di motivazione.

Dispone:

– l’art. 445, co. 1, bis, c.p.p., che “1-bis. La sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna.”;

– l’art. 67, co. 8, del d. lgs. n. 159/2011, per quanto qui di specifico interesse, stabilisce che “8. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale…”;

– l’art. 166, co. 2, c.p., che “La condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l’applicazione di misure di prevenzione, né d’impedimento all’accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge, né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa”.

Rispetto a tale quadro normativo, deve premettersi che:

– l’informazione interdittiva antimafia del 6 febbraio 2023 adottata dal Prefetto di Palermo ha quale unica motivazione la sentenza resa il 22 gennaio 1999, di applicazione della pena su richiesta delle parti ex articoli 444 e 445 c.p.p., dal GIP del Tribunale di Palermo, divenuta irrevocabile il 20 febbraio 1999, per “il reato di favoreggiamento personale continuato in concorso con l’aggravante di cui art. 7, comma 1, d.l. 13 maggio 1991 n. 152”; sentenza, con la quale è stata irrogata la reclusione di anni 1 e mesi 9 con il beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 163 c.p.;

– con ordinanza del GIP del Tribunale di Palermo del 4 ottobre 2004, il reato è stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445, co. 2, c.p.p..

Veniva, dunque, in rilievo un reato ostativo ai sensi dell’art. 67, co. 8, del d. lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia), tale ritenuto dalla stessa Prefettura, in quanto – come si evince dall’esame del provvedimento impugnato – il Prefetto nell’informativa ha dato atto del carattere sostanzialmente vincolato del potere esercitato.

Ciò premesso sul piano fattuale e dei presupposti che hanno portato all’adozione dell’informativa interdittiva, questa Sezione in fase cautelare ha dato continuità all’indirizzo giurisprudenziale sulla specialità del Codice Antimafia, richiamando la recentissima sentenza n. 1051/2022 di questa Sezione.

Quest’ultima decisione è stata, tuttavia, riformata dal C.G.A. con sentenza 5 giugno 2023, n. 385.

Il Giudice di appello – nel precisare che trova applicazione, ratione temporis, il d. lgs. n. 150/2022 (la cd. riforma Cartabia), che ha modificato il regime dell’efficacia della sentenza di applicazione della pena nei giudizi extrapenali – ha, in particolare, rilevato che:

“…18. In merito alla rilevanza di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 166 del codice penale il Collegio osserva quanto segue.

  1. Il comma in scrutinio così dispone:

“La condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l’applicazione di misure di prevenzione, né d’impedimento all’accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge, né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa”.

Si tratta di una norma di portata generale che non può patire una lettura riduttiva e parziale.

Con tale norma il legislatore, tra l’altro, ha voluto creare le condizioni per cui il soggetto meritevole della sospensione della pena non patisca esclusione dal mercato del lavoro e dal civile consesso, valorizzando il profilo specialpreventivo dell’istituto della sospensione, in quanto diretto a non frustrare le istanze rieducative ed a garantire il reinserimento sociale del reo.

La condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire motivo per l’applicazione di misure di prevenzione, per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni per svolger attività lavorativa.

Tale divieto è assoluto e non patisce deroghe.

Contrariamente a quanto sostenuto con la sentenza appellata, uniche deroghe che la legge può prevedere riguardano l’accesso a posti di lavoro pubblici o privati. Tra due virgole è infatti allocata la frase “né d’impedimento all’accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge”. Il legislatore ha voluto unicamente salvaguardare la possibilità che incarichi lavorativi sensibili godano di una particolare tutela.

Trattandosi di una norma penale è, ovviamente, esclusa ogni interpretazione estensiva o analogica che abbia effetti sfavorevoli per il reo.

Sarebbe, in vero, assolutamente irragionevole ritenere che da una parte il legislatore affermi in modo categorico che dalla pena sospesa non devono derivare le conseguenze negative ivi indicate e dall’altra faccia derivare dalla mera sospensione della pena le medesime conseguenze interdittive, con una palese violazione del più ampio principio di non contraddizione dell’ordinamento giuridico.

18.1. Le norme che disciplinano le comunicazioni antimafia non sono norme speciali rispetto alle norme del codice penale.

In modo particolare la disciplina dettata dal comma 2 dell’art. 166 c.p. non può essere in alcun modo derogata da una norma dettata per altre finalità, che non si pone rispetto ad essa in rapporto di specialità, ma, anzi, necessariamente la presuppone.

Le norme in scrutinio devono essere, comunque, interpretate alla stregua del criterio vincolante del favor rei.

Tale assunto è confortato dalla novella legislativa che ha riguardato l’istituto del patteggiamento: l’art. 25, comma 1, lett. b), del d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha modificato il testo del comma 1-bis dell’art. 445 cod. proc. pen., riformando il regime dell’efficacia della sentenza di applicazione di pena nei giudizi extrapenali.

La norma prevede che la sentenza di cui all’art. 444, 2° co. può essere equiparata ad una sentenza di condanna esclusivamente nell’ipotesi in cui vi sia una “disposizione di legge penale” che lo stabilisca espressamente.

I primi commenti dottrinali hanno già messo in evidenza che il legislatore con tale previsione ha voluto porre fine ad ogni dubbio interpretativo affermando che eventuali norme extrapenali che dovessero operare tale equiparazione dovranno, pertanto, ritenersi improduttive di effetti.

Così disponendo, il legislatore ha tolto valenza alla teorica della specialità delle norme del codice antimafia rispetto alle disposizioni della legge penale.

18.2. Del resto, il legislatore è intervenuto sull’articolo in questione con la legge 9 gennaio 2019 n. 3 apportando rilevanti modifiche al primo comma dell’art. 166, ma lasciando immutato quanto disposto dal secondo comma.

Ancora, il d.lgs. n. 159/2021 nulla ha innovato in merito all’istituto della sospensione della pena non prevedendo alcuna deroga, né modificando in alcun modo il dettato normativo dell’art. 166, comma 2, c.p.

18.3. Deve affermarsi, pertanto, che l’art. 166 c.p. preclude l’emissione automatica della comunicazione antimafia in presenza di una mera condanna con la quale è stato disposto il beneficio della sospensione condizionale della pena…” (cfr. C.G.A., Sez. giurisd., 5 giugno 2023, n. 385).

Il Giudice di appello, quindi, con motivazione che nel caso di specie si condivide:

– ha ritenuto che la riduzione degli effetti extrapenali della sentenza ex art.444 c.p.p. operata dalla citata riforma Cartabia – d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, applicabile ratione temporis alla fattispecie concreta – abbia inciso anche sulle disposizioni contenute nel Codice antimafia, in quanto “norme diverse da quelle penali” aventi ad oggetto istituti di natura esclusivamente preventiva e non punitiva;

– ha concluso nel senso che la sentenza di patteggiamento, relativa anche a uno dei reati ritenuti ostativi ai sensi dell’art. 67, co.8, del d. lgs. n. 159/2011 non può (più) ritenersi equiparata alla sentenza di condanna.

Ne consegue che il provvedimento impugnato – inquadrabile quale informativa antimafia – non è adeguatamente motivato con il solo richiamo alla sentenza di patteggiamento quale reato ostativo, tenuto conto del tenore del novellato art. 445, co. 1 bis, c.p.p., che esclude la idoneità di tale sentenza, di per sé – e senza ulteriori valutazioni discrezionali sui fatti storicamente accertati in sede penale – a sorreggere una valutazione sulla prognosi di infiltrazione.

Va infine rilevato che, in ogni caso, il su riportato art. 166 c.p. preclude l’automatica adozione della comunicazione antimafia in presenza di una condanna con sospensione condizionale della pena, circostanza sussistente nel caso in esame.

  1. – Conclusivamente, per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso in quanto fondato deve essere accolto e, per l’effetto, vanno annullati gli atti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
  2. – Avuto riguardo all’andamento della fase cautelare, sussistono i presupposti per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Maria Cappellano, Consigliere, Estensore

Francesco Mulieri, Consigliere

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Cappellano Salvatore Veneziano
 

IL SEGRETARIO

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