Contratti pubblici – Informativa interdittiva – Controllo giudiziario – Rapporti – Elementi indiziari – Casistica – Parentela – Cointeressenze economiche con imprese interdette – Respinge.

ECLI:IT:TARBO:2023:234SENT

Pubblicato il 18/04/2023

  1. 00234/2023 REG.PROV.COLL.
  2. 00359/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 359 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Calzolari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Modena – Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;

per l’annullamento

-del provvedimento del -OMISSIS- Prot. Interno n. -OMISSIS- Fasc n. -OMISSIS- notificato alla ricorrente in data 02 aprile 2022 da parte del Carabinieri di -OMISSIS- (MO), con cui la Prefettura di Modena ha rigettato l’istanza presentata dalla ricorrente di rinnovo d’iscrizione nella “White List post-sisma” della Prefettura di Modena, sussistendo il pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società;

– del provvedimento ex art. 10 bis L. 241/1990 n. Prot. -OMISSIS- del 09.12.2021 notificato alla ricorrente via PEC;

– della nota Prot. n.-OMISSIS- Prot. -OMISSIS-del 22.08.2019;

– della nota Prot. n.-OMISSIS- Prot. -OMISSIS- del 26.01.2021 sez operativa D.I.A. di Bologna;

– della nota Prot. n. -OMISSIS- White List/Div. Antic/A.E. in data 12.02.2020;

– della nota n. Div. Ant./White List/-OMISSIS-/A.e./prot.mipg del 17.06.2021 della Questura di Modena;

– della nota n. -OMISSIS- in data 08.06.2021 del Dip. Pubblica Sicurezza-Direzione Centrale Polizia Criminale Servizio Analisi Criminale – GIC di Roma;

– dei Verbali di riunione del Gruppo Interforze delle sedute del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS- e infine del-OMISSIS-;

– della nota n. -OMISSIS–OMISSIS- del 27.01.2022 del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale Polizia Criminale- Servizio Analisi Criminale GIC di Roma;

– della nota n. -OMISSIS- del 17.02.2022 della Guardia di Finanza Nucleo Economico Finanziario di Modena;

– del provvedimento di iscrizione alla White List della ricorrente con Provvedimento della Prefettura di Modena del 23.04.1015 n. -OMISSIS-;

– del Provvedimento Interdittivo della società -OMISSIS- del 20.03.2019 Prot. n. -OMISSIS-;

– del Provvedimento Interdittivo della società-OMISSIS- Prot. -OMISSIS-;

– del Provvedimento Interdittivo della società -OMISSIS-Prot. -OMISSIS-;

– della nota Prot. n. -OMISSIS-in data 15.06.2021 del Comando Provinciale Carabinieri di Modena;

– di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e conseguente non notificati alla ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo Modena – Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 aprile 2023 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente risulta essere destinataria di un diniego d’iscrizione alla c.d. white list, il quale si basa sull’appartenenza dell’amministratore della società ricorrente a una famiglia vicina al clan dei “-OMISSIS-” e sulla contestazione allo stesso di cointeressenze economiche con “personaggi legati ad ambienti della criminalità organizzata campana”.

Ritenendo tale provvedimento illegittimo, esso è stato impugnato dalla suddetta società deducendo:

  1. eccesso di potere, difetto di motivazione, assenza dei presupposti richiesti per la legittima adozione del provvedimento inibitorio, difettando del tutto, secondo la ricorrente, il rilevato pericolo di condizionamento mafioso e i necessari connotati di attualità e pertinenza. Il provvedimento si limiterebbe, a riportare il mero elenco di rapporti parentali, più o meno stretti, del titolare con soggetti controindicati, senza alcuna ragionata valutazione del loro significato indiziario a fronte, peraltro, dello statuspersonale e giudiziario integerrimo dell’interessato, nonché dell’assenza di controlli e/o frequentazioni con soggetti controindicati, compresi gli stessi congiunti non conviventi. Inoltre sarebbero affermati rapporti di cointeressanza con altre imprese colpite da interdittiva antimafia) senza dimostrare alcun effettivo collegamento tra le stesse;
  2. violazione degli artt. 84, 91 e 94 del d. lgs. 159/2011, in quanto, anche analizzando l’informativa del Gruppo Interforze, non emergerebbe alcun collegamento dal quale ricavare un condizionamento mafioso o dal quale poter dedurre che l’attività d’impresa è utilizzata per scopi illegali.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

L’istanza cautelare formulata in uno con la proposizione del ricorso è stata rigettata con ordinanza n. -OMISSIS-, confermata in sede d’appello con ordinanza n. -OMISSIS-.

In vista dell’udienza pubblica, sia l’Ufficio territoriale del Governo di Modena, che la società ricorrente hanno depositato memorie, ribadendo la propria posizione e controvertendo circa gli effetti della sopravvenuta ammissione dell’impresa ricorrente al controllo giudiziario.

Alla pubblica udienza del 12 aprile 2023, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in esame è impugnato il provvedimento con cui il Prefetto di Modena ha negato alla società ricorrente la permanenza nella White list post-sisma sulla scorta di apposita informativa antimafia.

Prima di entrare nel merito della controversia si rende però necessario indagare il rapporto intercorrente tra il procedimento giudiziario che ha portato il Tribunale di Bologna, sezione misure di prevenzione, ad ammettere la società ricorrente al controllo giudiziario ex art. 34 bis, comma 1, lett. b) del d. lgs. 159/2011 e il giudizio pendente avanti al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’interdittiva antimafia.

A tale proposito il Collegio ritiene di dover escludere che la documentata ammissione dell’impresa ricorrente al controllo giudiziario possa determinare la necessità della sospensione del giudizio amministrativo.

Sul punto si è recentemente pronunciata l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 2023, che ha affermato il principio di diritto secondo cui «la pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non è causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva, né delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall’art. 32, comma 10, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria [di] un’informazione antimafia interdittiva».. In tale sentenza si legge che, nel caso di controllo c.d. volontario di cui al comma 6 dell’art. 34 bis del d.lgs. 159/2011 l’organo giurisdizionale «deve tener conto dell’accertamento di quello stesso prerequisito effettuato dall’organo amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva, che rappresenta, pertanto, il substrato della decisione del giudice ordinario» (così Cass. pen., VI, 16 luglio 2021, n. 27704). Dunque, l’intervento prefettizio rappresenta un presupposto, rispetto a cui il giudice ordinario deve verificare se sia ravvisabile un’infiltrazione connotata da occasionalità rispetto a cui sia possibile un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata di condizionamento e/o agevolazione di soggetti o associazioni criminali, mediante l’intera gamma degli strumenti previsti dall’art. 34-bis.

Non può, però, esservi pregiudizialità tra i due giudizi, in quanto la pendenza di quello di impugnazione contro l’interdittiva è una condizione necessaria per poter accedere al controllo giudiziario, ma non vi è alcuna necessità che questo rimanga pendente, in quanto i due giudizi hanno funzioni diverse: l’interdittiva, infatti, svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell’economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo “statico”, e cioè sulla base di accertamenti di competenza dell’autorità prefettizia rivolti al passato, mentre il controllo giudiziario persegue anche finalità di carattere “dinamico” di risanamento dell’impresa interessata dal fenomeno mafioso. Conseguentemente, afferma l’Adunanza plenaria, quand’anche l’interdittiva “non sia annullata all’esito del giudizio di impugnazione devoluto al giudice amministrativo, e dunque si accerti in chiave retrospettiva l’esistenza di infiltrazioni mafiose nell’impresa, non per questo può ritenersi venuta meno l’esigenza di risanare la stessa.”.

In sintesi, il controllo giudiziario sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose, con la conseguenza che, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, l’ammissione al controllo giudiziario non solo non comporta la necessità di sospendere il giudizio davanti al giudice amministrativo, né tantomeno lo rende improcedibile, ma nemmeno può condurre all’automatica esclusione del rischio di infiltrazione mafiosa, bensì lo riconosce, ancorché ravvisando la possibilità che il rischio stesso sia superabile attraverso un percorso di risanamento dell’impresa.

Esclusa, dunque, la necessità della sospensione del giudizio, quanto dedotto in ricorso non appare meritevole di positivo apprezzamento.

Come chiarito dalla giurisprudenza, infatti, l’informazione antimafia implica una valutazione discrezionale, da parte dell’autorità prefettizia, in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa che ne è destinataria.

Pericolo che deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede il raggiungimento di un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sentenza n. 758/2019).

L’informazione antimafia non ha, dunque, lo scopo di sanzionare, ma di prevenire una minaccia per la sicurezza pubblica, come quella connessa all’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale. Essa, però, <<non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo antimafia, ad un diritto della paura, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011: si pensi, per tutti, ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa>> (così la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, n. 6105/2019).

In ragione di ciò, la giurisprudenza, partendo dalla considerazione che il legislatore, all’art. 84, comma 4, lettera d) ha indicato tra gli elementi sintomatici dell’infiltrazione mafiosa, al di là di quelli previsti dall’art. 91, comma 6, anche quelli desunti «dagli accertamenti disposti dal prefetto”, è andata enucleando <<in modo sistematico a partire dalla sentenza n. 1743 del 3 maggio 2016 – le situazioni indiziarie, tratte dalle indicazioni legislative o dalla casistica giurisprudenziale, che possono costituire altrettanti “indici” o “spie” dell’infiltrazione mafiosa, non senza precisare che esse, per la loro stessa necessaria formulazione aperta, costituiscono un catalogo aperto e non già un numerus clausus in modo da poter consentire all’ordinamento di poter contrastare efficacemente l’infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa via via che essa assume forme sempre nuove e sempre mutevoli.>> (Cons. Stato, sentenza n. 3340/2023).

Dunque, i contorni della formulazione aperta sono stati definiti da una consolidata tipizzazione giurisprudenziale che ha valorizzato, a tal fine:

  1. aa) i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale;
  2. bb) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa, nelle multiformi espressioni con le quali la continua evoluzione dei metodi mafiosi si manifesta;
  3. cc) la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d. lgs. n. 159 del 2011;
  4. dd) i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”, in cui il ricambio generazionale mai sfugge al “controllo immanente” della figura del patriarca, capofamiglia, ecc., a seconda dei casi;
  5. ee) i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;
  6. ff) le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa;
  7. gg) le vicende anomale nella concreta gestione dell’impresa, incluse le situazioni, evidenziate in pronunzie del Consiglio di Stato, in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne, o simili, antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa;
  8. hh) la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”;
  9. ii) l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità.

Tutto ciò premesso in linea generale, nella fattispecie in esame il provvedimento impugnato risulta motivato, al di là dei rapporti parentali dell’amministratore, dal riferimento a documentate cointeressenze economiche con soggetti controindicati, che hanno caratterizzato il periodo successivo all’iscrizione favorevole del 2015.

Ciò induce a qualificare la valutazione prognostica posta a fondamento del provvedimento come conforme al parametro normativo regolante l’esercizio del relativo potere.

Non può condurre a diversa conclusione il fatto che questo Tribunale Amministrativo Regionale si sia già pronunciato (sentenza sez. I, del 13.11.2014 n. 1092 doc. 40), annullando il provvedimento della Prefettura di Modena in merito all’esclusione dalla White List della società -OMISSIS-. del Sig. -OMISSIS-, nipote del rappresentante legale della ricorrente, Sig. -OMISSIS-, per i medesimi rapporti parentali citati dalla Prefettura nel provvedimento impugnato, in quanto si tratta di solo uno dei numerosi rapporti “non opportuni” individuati nel provvedimento.

Nella fattispecie in esame, infatti, ciò che viene valorizzato è che non solo i sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-, con cui lo zio risulta avere costanti rapporti, sono i soci (rispettivamente per l’1 % e per il 99 %) della “-OMISSIS-., destinataria di provvedimento interdittivo del 2021, ma la società odierna ricorrente ha costanti e consistenti rapporti commerciali con tale impresa. Circostanza, questa, completamente sottaciuta nel ricorso e che, invece, ha una notevole importanza, come sottolineato nella relazione relativa all’attività di analisi e monitoraggio espletata dal Gruppo Interforze Centrale.

In tale documento si evidenzia come siano stati rilevati plurimi contatti commerciali con società colpite da interdittive antimafia e più precisamente la -OMISSIS- e la -OMISSIS-. La odierna ricorrente, inoltre, ha acquistato quote di società quali la -OMISSIS-., colpita da interdittiva e la-OMISSIS-, costituita e amministrata da -OMISSIS-, titolare e amministratore unico anche della -OMISSIS-. pure essa destinataria di interdittiva.

Di tutto ciò (e dei complessi rapporti con familiari e altri soggetti non raccomandabili ai fini antimafia) è stato puntualmente dato conto nel preavviso di rigetto della conferma dell’iscrizione nella White list, ma parte ricorrente non ha fornito alcun elemento atto a dimostrare la illogicità e irragionevolezza delle conclusioni cui l’Amministrazione è addivenuta considerando tutti gli elementi emersi nel corso della complessa e articolata attività istruttoria operata come unitari e convergenti.

Nel caso in esame, pertanto, i provvedimenti impugnati risultano fondati su una pluralità di elementi sintomatici che, valutati complessivamente, inducono a ritenere non irragionevole il giudizio del Prefetto circa il pericolo che l’impresa ricorrente possa essere esposta al condizionamento mafioso, tenuto conto della natura dei legami familiari considerati e dei connessi rapporti economici.

Così respinto il ricorso, le spese del giudizio debbono seguire l’ordinaria regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, a favore dell’Amministrazione, in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:

Andrea Migliozzi, Presidente

Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore

Paolo Amovilli, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Mara Bertagnolli Andrea Migliozzi

IL SEGRETARIO

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