di Filippo Di Mauro, Guglielmo Saporito

Nuovi sviluppi per le interdittive antimafia, qualora riguardino imprese sottoposte a procedure di risanamento. In particolare, sono stati esaminati gli effetti immediati dell’interdittiva antimafia su un’azienda che risultava sottoposta a procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza (articolo 44 del decreto legislativo 14/2019): da un lato quindi vi era una procedura volta ad approfondire il rischio di infiltrazione mafiosa (Dlgs 159/2011), dall’altro, una procedura anch’essa giudiziaria, ma di diversa matrice, volta a mantenere l’attività dell’impresa stessa.

Con provvedimento urgente del 18 settembre (presidente Morbelli, relatore Felletti) il Tar Liguria allinea le due procedure (antimafia e di risanamento), dando la precedenza (seppur temporanea) a quella di risanamento.Il caso esaminato riguardava un’impresa di trasporti, la cui attività è compresa tra quelle esposte a rischio di infiltrazione mafiosa (insieme allo smaltimento rifiuti, alla fornitura di calcestruzzo, ai servizi funerari e di ristorazione: articolo 1, comma 53, della legge 190/2012 e articolo 3 del Dpcm 18 aprile 2013).

Qualora, in tali settori, la prefettura verifichi il rischio di tentativi di infiltrazione mafiosa, vi può essere il diniego di iscrizione in white list o l’informativa antimafia, con conseguente paralisi dell’attività esercitata.L’impresa cui è negata l’iscrizione nella white list, perde infatti le autorizzazioni amministrative di cui sia già in possesso: appunto nel caso in esame, l’interdittiva privava l’impresa dell’autorizzazione a effettuare servizi di trasporto conto terzi.

Per mitigare le conseguenze di interdittive sulla gestione delle imprese che non siano integralmente compromesse, ma solo sospettate di esposizione al rischio di infiltrazione mafiosa, il decreto legislativo 159/2011 ha previsto la possibilità di un periodo di controllo giudiziario, sotto la responsabilità del magistrato penale. Un controllo analogo, con tempi ridotti (da sei mesi a un anno) può essere disposto anche dal prefetto (articoli 94 bis del Dlgs 159/2011), con modalità che comprendono anche la nomina di un professionista esterno per la verifica del concreto rischio di infiltrazione mafiosa.

Ora la pronuncia del Tar Liguria sembra allineare, al controllo della magistratura penale e della prefettura, il diverso controllo previsto dalle norme sulla regolazione delle crisi dell’insolvenza (articolo 44 del Dlgs 14/2019). Analoghi infatti sembrano essere gli incarichi dei professionisti esterni che devono seguire le imprese nel periodo di risanamento e di tutela dalle infiltrazioni, mentre la magistratura sovrintende all’operato dell’impresa.

Diversa è tuttavia la matrice, che nei controlli antimafia è finalizzata ad allontanare il rischio di infiltrazione, mentre nella crisi da insolvenza tende a recuperare produttività.Esaminando quindi la situazione, i giudici amministrativi hanno ritenuto che l’esclusione dalla white list potesse essere sospesa bilanciando i contrapposti interessi (della prefettura e dell’impresa di trasporti), tutelando l’impresa con una sospensiva della esclusione dalla white list attraverso la quale l’impresa può sperare, nel caso in cui il Tribunale omologhi il concordato preventivo con continuità aziendale, di proseguire l’attività.

In questo modo giudici hanno inteso preservare i posti di lavoro e consentire una possibilità di soddisfare i creditori. I rischi di infiltrazione non sono accantonati, ma ragionevolmente affidati anche al controllo degli organi (pubblici ufficiali) della procedura di risanamento, che dovranno segnalare anomalie.

 

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