ECLI:IT:CONS:2023:9357SENT

 Antimafia – Informativa interdittiva – Precedente alla riforma D.l. 151/2021 – Obbligo di Contraddittorio – Esclusione.

 Antimafia – Informativa interdittiva – Quadro indiziario – Elementi “spia” – Costituiscono un catalogo aperto – Rapporti commerciali stabili e intensi – Partecipazione societaria con imprese sospette – Dinamismo societario dei familiari – Rilevanza – Respinge l’appello.

Pubblicato il 31/10/2023

  1. 09357/2023REG.PROV.COLL.
  2. 03750/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3750 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Piergiorgio Oss, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, Anas, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Ufficio Territoriale del Governo di Bologna, Comune di -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

e con l’intervento di

ad opponendum:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sergio Como, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Antonelli n. 49;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) -OMISSIS-, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, dell’Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione e dell’Anas;

Visto l’atto di intervento ad opponendum proposto dalla società -OMISSIS- ed il successivo atto di rinunzia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2023 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

  1. – Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per l’Emilia-Romagna, sede di Bologna, Sezione Prima, -OMISSIS- ha impugnato:

– l’informazione interdittiva antimafia emanata dal Prefetto di Bologna del 18 maggio 2020 -OMISSIS-;

– il decreto dello stesso Prefetto di Bologna -OMISSIS- del 9 giugno 2020 di diniego di iscrizione nella white list;

– tutti gli atti del procedimento ed in particolare, il verbale delle riunioni del G.I.A.;

– tutti gli atti consequenziali indicati nell’epigrafe del ricorso, ed in particolare: la nota -OMISSIS- del 18 maggio 2020, di comunicazione all’ANAC per l’avvio, d’ufficio, del procedimento diretto all’adozione delle eventuali misure ex art. 32, comma 10, del d.l. n. 90/2014; l’iscrizione nel Casellario Informatico; il provvedimento dell’ANAS del 21 maggio 2021 di revoca dei provvedimenti di qualificazione indicati nell’epigrafe del ricorso; il provvedimento del Comune di -OMISSIS- con cui è stata comunicata l’impossibilità di procedere alla stipula del contratto relativo ai lavori di recupero dell’ospedale civile.

1.1 – A sostegno della propria impugnativa, il ricorrente ha lamentato, in estrema sintesi:

– la violazione delle norme relative al contraddittorio endoprocedimentale e al diritto di difesa, richiamando i principi costituzionali e dell’Unione Europea e chiedendo di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea;

– la violazione del principio di proporzionalità e di buon andamento della P.A., lamentando anche la mancata audizione degli amministratori del -OMISSIS-;

– l’insussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento prefettizio antimafia; ha lamentato che l’interdittiva sarebbe stata adottata solo nei confronti del -OMISSIS- e non nei confronti delle società consorziate, ritenute condizionanti la gestione e l’attività del -OMISSIS-; ha quindi, sostenuto che la misura sarebbe sproporzionata perché avrebbe colpito in modo generalizzato l’intero gruppo di imprese consorziate ed -OMISSIS- sarebbe stato penalizzato per la condotta tenuta da terzi;

– ha infine aggiunto che gli atti conseguenziali adottati dalle varie amministrazioni pubbliche sarebbero anch’essi illegittimi in via derivata.

1.2 – Le Amministrazioni intimate si sono costituite per resistere al ricorso.

  1. – Con la sentenza -OMISSIS- il TAR ha respinto il ricorso.
  2. – Avverso tale decisione -OMISSIS- ricorrente ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza appellata.

3.1 – Si sono costituite in giudizio le appellate Amministrazioni che, con memoria difensiva, hanno replicato alle doglianze proposte.

3.2 – In data 23 luglio 2021 ha spiegato intervento ad opponendum la società -OMISSIS-; la stessa società, in data 30 dicembre 2021, vi ha poi formalmente rinunziato.

  1. – Con decreto -OMISSIS- il Tribunale di Bologna, Sezione Misure di Prevenzione, ha concesso all’appellante il controllo giudiziario ex art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011 per il periodo ivi indicato; allo spirare del termine, lo stesso Tribunale ha revocato la misura.
  2. – Nella memoria difensiva del 29 agosto 2023 -OMISSIS- ha insistito per l’accoglimento dell’appello, sottolineando anche gli esiti favorevoli del controllo giudiziario.
  3. – All’udienza del 12 ottobre 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.
  4. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
  5. – Con il primo motivo l’appellante ha impugnato il capo di sentenza che ha respinto le doglianze di natura procedimentale, la violazione del diritto di difesa, la violazione e falsa applicazione dell’art. 93, comma 7 del d.lgs. 159/2011 e la violazione del principio di proporzionalità; con tale motivo l’appellante ha anche riproposto, in via subordinata, la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE; ha richiamato a sostegno dell’impugnativa la giurisprudenza di questa Sezione (sentenze n. 830/2020, n. 5196/2020 e n. 4979/2020), i principi del diritto europeo in tema di contraddittorio.

8.1 – La doglianza non può essere condivisa.

Innanzitutto è opportuno sottolineare che il provvedimento di interdizione antimafia ed il successivo diniego di iscrizione nella white list, sono anteriori all’entrata in vigore del D.L. 6 novembre 2021, n. 152 che ha introdotto l’art. 92, comma 2-bis, del d.lgs. 159/2011 che ha previsto il contraddittorio procedimentale.

Prima dell’entrata in vigore di tale modifica normativa, la giurisprudenza era consolidata (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, 21 gennaio 2020, n. 820; 3 marzo 2020, n. 1576; 6 maggio 2020, n. 2854), nel ritenere che la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall’art. 7, l. n. 241 del 1990 e del preavviso di rigetto, di cui all’art. 10-bis della stessa legge, sono adempimenti non necessari in materia di certificazione antimafia, in cui il contraddittorio procedimentale ha natura meramente eventuale, ai sensi dell’art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011.

È noto che sulla questione concernente le garanzie della partecipazione procedimentale in favore del soggetto nei cui confronti il Prefetto si propone di rilasciare una informazione antimafia si è pronunciata la Corte di Giustizia UE, Sezione IX, con ordinanza del 28 maggio 2020, che ha dichiarato irricevibile il ricorso non essendo stata dimostrata l’esistenza di un criterio di collegamento tra il diritto dell’Unione e l’informazione antimafia adottata.

La Corte ha tuttavia precisato, per inciso, che “il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che trova applicazione quando l’amministrazione intende adottare nei confronti di una persona un atto che le arrechi pregiudizio” e che in forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione”.

Nondimeno questa Sezione ha ritenuto che “l’assenza di una necessaria interlocuzione procedimentale in questa materia non costituisce un vulnus al principio di buona amministrazione, perché, come la stessa Corte UE ha affermato, il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che “queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti” (sentenza della Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2017, in C-298/16, § 35 e giurisprudenza ivi citata).

8.2 – Inoltre, in riferimento alla normativa italiana in materia antimafia, la stessa Corte UE, seppure ad altri fini (la compatibilità della disciplina italiana del subappalto con il diritto eurounitario), ha ribadito che “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici” (Cons. St., sez. III, 25 agosto 2020, n. 5196; 21 gennaio 2020, n. 820; Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, in C-63/18, § 37)” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 aprile 2021 n. 3182).

8.3 – Questa Sezione ha già ritenuto, in precedenti occasioni, nelle quali era stata sollevata la questione del contraddittorio prima della modifica normativa del 2021, che non ricorressero i presupposti per disporre il rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma 3, TFUE, in quanto giudice di ultima istanza: tale obbligo, infatti, non sussiste nelle ipotesi in cui la questione sollevata sia identica ad altra sollevata in relazione ad analoga fattispecie già decisa in via pregiudiziale della Corte, o la giurisprudenza costante della Corte risolva il punto di diritto controverso, indipendentemente dalla natura del procedimento in cui tale giurisprudenza si sia formata (c.d. teoria dell’acte éclairé); ipotesi, quest’ultima, che, alla luce della sopra riportata giurisprudenza della Corte di giustizia in materia, appare ricorrere nel caso di specie (Cons. St., sez. III, 3 aprile 2019, n. 2212).

Da quanto premesso deriva il rigetto del primo motivo di appello.

  1. – Con il secondo motivo, l’appellante ha invece censurato i capi di sentenza con i quali il TAR ha respinto i successivi motivi di ricorso di primo grado.

Con tale doglianza l’appellante ha sostenuto che la sentenza di primo grado si fonderebbe su un assunto illogico, su una ricostruzione del fatto errata e smentita dai documenti di causa, omettendo di pronunciarsi su deduzioni ed eccezioni proposte nel ricorso introduttivo, limitandosi a riportare, in modo assertivo, le valutazioni dell’Amministrazione.

9.1 – Per poter esaminare tale doglianza occorre richiamare i presupposti sui quali si fonda l’interdittiva antimafia impugnata.

Il provvedimento impugnato, dopo aver riportato tutti i dati dell’istruttoria, nelle proprie conclusioni espone che:

“Le risultanze informative acquisite evidenziano un quadro di criticità sotto il profilo della normativa antimafia, nel quale particolare rilievo assumono:

  • I rilevati rapporti d’affari/cointeressenze economiche del -OMISSIS- e di -OMISSIS- con -OMISSIS-, sedente a -OMISSIS- e raggiunto da provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- in data 7 maggio 2020;
  • i rilevati rapporti di cointeressenza economica di -OMISSIS- e del -OMISSIS- con la società -OMISSIS-, entrata nella compagine consortile in data 20.01.2020 e precedentemente consorziata del -OMISSIS-, destinatario di informazione antimafia interdittíva, il cui socio e amministratore unico -OMISSIS-, risulta indagato, unitamente al -OMISSIS- -OMISSIS- nell’ambito del procedimento penale -OMISSIS- istruito dalla DDA di Napoli, il primo per finanziamento illecito aggravato dalle finalità mafiose e il secondo per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e finanziamento illecito, sempre aggravati dalle finalità mafiose;
  • i rilevati rapporti di cointeressenza economica di -OMISSIS- e del -OMISSIS- con la società -OMISSIS-, entrata nella compagine consortile in data 20.01.2020 e precedentemente consorziata del -OMISSIS-, destinatario di informazione antimafia interdittivi, che risulta avere alle proprie dipendenze -OMISSIS-, condannato per associazione di tipo mafioso, porto abusivo e detenzione di armi, rapina, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione;
  • i rilevati rapporti, legati a vincoli di natura familiare, del -OMISSIS- e di -OMISSIS- con il -OMISSIS-, sedente a -OMISSIS-, amministrato dalla -OMISSIS- -OMISSIS-, tra le cui consorziate figura la -OMISSIS- -OMISSIS-, società riconducibile alla famiglia -OMISSIS-, ritenuta contigua alla criminalità organizzata di stampo mafioso del territorio di riferimento;
  • la rilevata continuità imprenditoriale tra il -OMISSIS- e il -OMISSIS-, che trova riscontro:

. nella circostanza che -OMISSIS-, pur non rivestendo formalmente più nessuna carica nel -OMISSIS- -OMISSIS-, ha continuato a percepire compensi dal -OMISSIS-, come risulta comprovato dalla dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2018;

. negli esiti degli accertamenti conseguenti dall’attività di verifica effettuata ai sensi e

per gli effetti di cui al -OMISSIS- del Decreto del Ministro dell’Interno del 23 dicembre 1992 nei confronti del -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, dai quali sono emersi numerosi contratti di avvalimento ceduti dal precedente -OMISSIS- -OMISSIS-; tale circostanza ha trovato riscontro nella scrittura, datata 19/11/2017, avente ad oggetto la “Cessione contratti di avvalimento”, con la quale lo stesso soggetto, -OMISSIS-, che alla data del 19/11/2017 ricopriva il doppio incarico -OMISSIS- (ha assunto l’incarico nel -OMISSIS- in data 20/09/2017 e ha cessato l’incarico nel -OMISSIS- -OMISSIS- in data 28/11/2017), ha ceduto i contratti di avvalimento di svariate imprese dal -OMISSIS- -OMISSIS- al -OMISSIS-;

  • la rilevata continuità gestionale tra il -OMISSIS- e il -OMISSIS-, che risulta altresì avvalorata, nonostante la fuoriuscita dal primo di -OMISSIS- a far data dal 28 novembre 2017, dall’assunzione di incarico nel secondo il 20 settembre 2017. A ciò si aggiunge che tre figure di riferimento del -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- e di stretta collaborazione del -OMISSIS- nell’attività gestoria risultano -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- (sul punto si rinvia in maniera esaustiva al paragrafo “Esiti delle verifiche sui “collaboratori” del -OMISSIS-“);
  • i rilevati rapporti di -OMISSIS-, all’epoca in cui era amministratore del -OMISSIS-, con la società -OMISSIS-, destinataria di provvedimenti a carattere interdittivo emessi dal Questore -OMISSIS-, e attraverso tale società con -OMISSIS-, gravato da numerosi pregiudizi tra i quali, associazione di tipo mafioso, violazione delle leggi sulle armi, estorsione, sottoposizione alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. per un anno e ritenuto affiliato alla cosca -OMISSIS-;

-OMISSIS-, inoltre, risulta destinatario di informazione antimafia interdittiva adottata dalla Prefettura di Reggio Calabria nei confronti dell’omonima impresa individuale, sia in ragione dei suoi precedenti che in ragione del contesto familiare e imprenditoriale di riferimento, essendo stata riscontrata anche nei confronti dei suoi familiari e delle imprese agli stessi riconducibili, peraltro operanti nello stesso settore di attività, gravi pregiudizi per reati quali associazione di tipo mafioso e la sottoposizione alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S.;

  • le vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto -OMISSIS-, tratto in arresto -OMISSIS-, poiché ritenuto responsabile di avere partecipato a una associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Nelle mappe della Criminalità Organizzata -OMISSIS-, è indicato come affiliato alla famiglia mafiosa -OMISSIS-;

In disparte dagli esiti della vicenda penale, lo stesso risultava essere in diretto contatto con soggetti controindicati sotto il profilo della normativa antimafia;

  • le vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto -OMISSIS-, -OMISSIS- di -OMISSIS-, amministratore della -OMISSIS-, società consorziata del -OMISSIS- -OMISSIS-, arrestato -OMISSIS- nell’ambito di una vasta operazione svolta nei confronti di esponenti di spicco del clan mafioso “-OMISSIS-“, come presunto affiliato al mandamento di -OMISSIS-.

-OMISSIS- risulta essere stato assolto in ordine al reato di associazione di stampo mafioso non essendo stati ritenuti sufficienti gli elementi indizianti sotto il profilo sia della partecipazione sia del concorso “esterno” nel reato associativo.

A tale proposito giova ricordare che, per costante giurisprudenza, in materia antimafia anche “le sentenze di proscioglimento o di assoluzione hanno una specifica rilevanza, quando dalle loro motivazioni si possa desumere che l’imprenditore, pur essendo andato esente da condanna, abbia comunque subito, anche se incolpevolmente, un condizionamento mafioso che ne abbia pregiudicato le libere logiche imprenditoriali.

Nel caso di specie, la contiguità di -OMISSIS- con ambienti mafiosi risulta anche avvalorata dalla cointeressenza economica, per il tramite della società di commercio al dettaglio di articoli per l’illuminazione -OMISSIS-, con soggetti controindicati sotto il profilo della normativa antimafia;

  • i rilevati rapporti di cointeressenza economica di -OMISSIS- e del -OMISSIS- con la -OMISSIS-, consorziata dal 06/04/2018, il cui socio di minoranza (10%) -OMISSIS-, è stato deferito all’A.C. in data 23/03/2016, per “provvedimento contro la criminalità mafiosa”, art. 12 quinquies del D.L. n. 306/1992 nel contesto di un’indagine che trae origine da investigazioni eseguite sul conto della famiglia -OMISSIS- ritenuta affiliata/fiancheggiatrice del clan camorristico ” -OMISSIS-“;
  • i rilevati rapporti di cointeressenza economica di -OMISSIS- e del -OMISSIS- con la società -OMISSIS-, il cui socio -OMISSIS- risulta -OMISSIS- -OMISSIS-, nei confronti del quale emergono pregiudizi per i reati di “riciclaggio”, art. 648 bis c.p. e “estorsione”, art. 629 c.p., quest’ultima nell’ambito di una vicenda relativa al traffico di sostanze stupefacenti;
  • i rilevati rapporti di cointeressenza economica di -OMISSIS- e del -OMISSIS- con la società -OMISSIS-, il cui socio e amministratore unico -OMISSIS-, risulta essere stato deferito aIl’A.G. per i reati di “estorsione (tentato)”, art. 629 c.p. e “usura”, art. 644 c.p., con l’aggravante di cui all’art. 7 della L. 203/91.

In disparte dalla sua conclusione in sede giudiziaria, la vicenda di cui trattasi è di sicuro rilievo sotto il profilo della normativa antimafia;

  • le rilevate anomalie nella struttura e nella gestione del -OMISSIS- come evidenziate dalle attività di verifica, laddove è emerso che -OMISSIS- ha stabilito la propria sede legale presso una società che svolge attività di domiciliazione legale, alla quale sono stati indicati, quali soggetti di riferimento, soggetti che risultano avere un costante e formale rapporto con -OMISSIS- -OMISSIS-; così come il “dinamismo societario” che caratterizza l’attività imprenditoriale di -OMISSIS- e del suo nucleo familiare, che operano attraverso più aziende attive nel medesimo settore, ovvero con persone giuridiche apparentemente nuove ma sempre riconducibili ai medesimi soggetti. Tale aspetto risulta comprovato anche dagli “spostamenti” delle società consorziate tra i vari -OMISSIS- direttamente e/o indirettamente riconducibili al nucleo familiare di -OMISSIS- e, in particolare tra i -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, come evidenziato dall’esito degli accertamenti disposti da questa Prefettura e dalla Prefettura di -OMISSIS-;
  • la rilevata condivisione di un sistema di illegalità volto ad ottenere benefici, tenuto conto che le società -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, tutte riconducibili al nucleo familiare di -OMISSIS-, sono state destinatarie di procedimento sanzionatorio di natura pecuniaria ed interdittiva emesso dall’ANAC per avere partecipato ad una gara pubblica con offerte che sono state ritenute di fatto imputabili ad un unico centro decisionale”.

9.2 – Come è agevole rilevare, si tratta di una pluralità di elementi induttivi dai quali il Prefetto ha desunto la sussistenza del rischio di infiltrazione mafiosa.

Come è noto, la giurisprudenza di questo Consiglio ha enucleato – in modo sistematico a partire dalla sentenza n. 1743 del 3 maggio 2016 e con uno sforzo ‘tassativizzante’ – le situazioni indiziarie, tratte dalle indicazioni legislative o dalla casistica giurisprudenziale, che possono costituire altrettanti ‘indici’ o ‘spie’ dell’infiltrazione mafiosa, non senza precisare che esse, per la loro stessa necessaria formulazione aperta, costituiscono un catalogo aperto e non già un numerus clausus in modo da poter consentire all’ordinamento di poter contrastare efficacemente l’infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa via via che essa assume forme sempre nuove e sempre mutevoli.

Quanto alla valutazione degli elementi emersi in sede istruttoria, la giurisprudenza ha costantemente ritenuto che gli elementi indiziari vanno considerati in modo unitario e non separatamente, e che trattandosi di una misura di prevenzione, debba utilizzarsi il parametro del “più probabile che non”.

È stato quindi ritenuto che “lo standard probatorio sotteso alla regola del “più probabile che non”, nel richiedere la verifica della c.d. probabilità cruciale, impone infatti di ritenere, sul piano della tassatività processuale, più probabile l’ipotesi dell’infiltrazione mafiosa rispetto a “tutte le altre messe insieme”, nell’apprezzamento degli elementi indiziari posti a base del provvedimento prefettizio, che attingono perciò una soglia di coerenza e significatività dotata di una credibilità razionale superiore a qualsivoglia altra alternativa spiegazione logica, laddove l’esistenza di spiegazioni divergenti, fornite di un qualche elemento concreto, implicherebbe un ragionevole dubbio (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483), non richiedendosi infatti, in questa materia, l’accertamento di una responsabilità che superi qualsivoglia ragionevole dubbio, tipico delle istanze penali, né potendo quindi traslarsi ad essa, impropriamente, le categorie tipiche del diritto e del processo penale, che ne frustrerebbero irrimediabilmente la funzione preventiva.

Ciò che connota la regola probatoria del “più probabile che non” non è un diverso procedimento logico, va del resto qui ricordato, ma la (minore) forza dimostrativa dell’inferenza logica, sicché, in definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, “ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale” (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483).

9.3 – A queste considerazioni preliminari occorre aggiungere che, nel caso di specie, nel coacervo del complesso degli elementi indizianti rilevati dal Prefetto, assumono particolare rilievo le vicende relative alle cointeressenze esistenti tra i diversi consorzi riconducibili alla persona del sig. -OMISSIS-.

Nell’appello l’appellante lamenta, tra l’altro, l’illogicità e la sproporzione degli effetti dell’interdittiva in quanto ha colpito -OMISSIS-, pur essendo state evidenziate situazioni di rischio di contaminazione con la criminalità organizzata nei confronti di due imprese consorziate.

A questo proposito è opportuno richiamare la giurisprudenza di questa Sezione (cfr. 27 giugno 2019 n. 4421) relativa alle c.d. interdittive “a cascata” in relazione ai -OMISSIS- -OMISSIS-.

In tale decisione questa Sezione ha ritenuto che occorre tener presente la logica di anticipazione della soglia di difesa sociale tipica dell’informativa antimafia, la quale, per la sua natura cautelare e preventiva, non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione cautelativa e rispetto alla quale sono per legge rilevanti fatti e vicende anche solo sintomatici ed indizianti, al di là dell’individuazione di accertate responsabilità penali. Perché possa emettersi un legittimo provvedimento interdittivo è, infatti, sufficiente il “tentativo di infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato; ed onde intercettare una simile fattispecie di “pericolo” occorre che gli elementi raccolti non vengano osservati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione scaturisca da una considerazione del complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri. Tale impostazione è, d’altra parte, coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite”.

La suddetta decisione ha quindi rilevato che: “uno degli indici tipici del rischio di infiltrazione mafiosa è appunto rinvenibile nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra l’impresa de qua e altro soggetto imprenditoriale già ritenuto esposto al rischio di influenza criminale (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 26 maggio 2016, n. 2232).

(…) Nel successivo distinguo tra vincoli associativi o relazioni commerciali caratterizzati da stabilità, persistenza e intensità, quindi di per sé sintomatici dell’esistenza di un sodalizio criminale; e relazioni imprenditoriali episodiche, inconsistenti o remote, quindi prive di autosufficiente valenza indiziaria, l’ipotesi della costituzione di un nuovo e stabile soggetto giuridico si colloca nell’ambito della prima tipologia descrittiva e ad essa si associa il massimo della rilevanza indiziaria: “la costituzione di un vincolo stabile e qualificato, come quello ravvisabile tra i due soci di una società, fonda, in particolare, la presunzione che la seconda impresa (quella, cioè, non già attinta da un’interdittiva), sia stata scelta per la condivisione degli interessi inquinati e illeciti già ravvisati nella gestione della prima… Risulta, in altri termini, estremamente probabile che, secondo l’id quod plerumque accidit, il legame societario trasmodi, nella fattispecie considerata, in sodalizio criminale o che, addirittura, quest’ultimo costituisca la causa della costituzione del vincolo associativo.. Queste ultime tipologie di interdittive restano, in definitiva, giustificate dal mero rilievo della partecipazione alla nuova società di un’impresa già gravata da un’informativa ostativa e non necessitano dell’allegazione di ulteriori e diversi indici sintomatici” (Cons. Stato, sez. III, 22 giugno 2016, n. 2774).

9.4 – In altre parole, l’accertata cointeressenza, certificata dalla compartecipazione societaria con imprese controindicate, costituisce idoneo presupposto per sorreggere l’interdittiva antimafia nei confronti del -OMISSIS-, in presenza di un’impresa consorziata a rischio di contaminazione, o viceversa.

Ciò che rileva, infatti, è la stabilità del vincolo associativo sussistente tra -OMISSIS- nel caso dei -OMISSIS- -OMISSIS-.

In questo senso si è espressa pure l’ANAC, con delibera -OMISSIS-, in tema di -OMISSIS- colpita da interdittiva antimafia.

  1. – Nel caso di specie emerge immediatamente il legame d’affari esistente – tramite la persona del sig. -OMISSIS- – tra -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- ed -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- con sede a -OMISSIS-, colpito da interdittiva antimafia adottata dal Prefetto di -OMISSIS- il 7 maggio 2020; il rapporto di cointeressenza economica del sig. -OMISSIS- con la società -OMISSIS-, in precedenza consorziata del -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, destinataria di informativa antimafia, il cui socio ed amministratore unico risulta indagato (insieme al -OMISSIS-) per reati aggravati da finalità mafiose; i rapporti di cointeressenza economica del sig. -OMISSIS- e del -OMISSIS- con la società -OMISSIS-, alle cui dipendenze presta servizio il sig. -OMISSIS-, condannato per associazione di tipo mafioso.

10.1 – Rilevante è anche la continuità imprenditoriale tra -OMISSIS- -OMISSIS- ed -OMISSIS- (desunta dagli elementi indicati nel provvedimento prefettizio, quali la remunerazione del sig. -OMISSIS- anche dopo la formale cessazione dall’incarico, i contratti di avvalimento) ed i rapporti del sig. -OMISSIS-, quando era amministratore della -OMISSIS-, con società -OMISSIS-, gravata da interdittiva antimafia del Prefetto -OMISSIS- e, attraverso tale società, con il sig. -OMISSIS-, gravato da precedenti specifici (associazione di tipo mafioso, estorsione, affiliato ad una cosca della ‘ndrangheta della -OMISSIS-).

10.2 – Rilevante è poi la considerazione del Prefetto relativa alla anomalia della struttura e della gestione del -OMISSIS-, caratterizzata dal “dinamismo societario” che caratterizza l’attività imprenditoriale del sig. -OMISSIS- e dei suoi familiari, che operano attraverso più aziende attive nel medesimo settore, ovvero con persone giuridiche apparentemente nuove, ma sempre riconducibili ai medesimi soggetti. Tale aspetto risulta comprovato anche dagli spostamenti delle società consorziate tra i vari -OMISSIS- direttamente e/o indirettamente riconducibili al nucleo familiare di -OMISSIS-, ed in particolare, tra i -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- che sono tutti riconducibili al nucleo familiare di -OMISSIS-.

In relazione a questi collegamenti sono indicati nel provvedimento impugnati, ulteriori fattori di rischio di permeabilità da parte della criminalità organizzata, ben esposti nel provvedimento di interdizione prima riportato.

10.3 – Oltre a queste cointeressenze sono stati rilevati anche rapporti di parentela aventi valenza indiziaria ai fini della prevenzione antimafia.

  1. – Venendo ai motivi di appello l’appellante ha dedotto che il TAR avrebbe travisato i fatti sostenendo che, nel -OMISSIS- -OMISSIS-, dopo la fuoriuscita del sig. -OMISSIS-, sarebbe subentrato come amministratore il sig. -OMISSIS-, gravato da pregiudizi (tra i quali l’associazione di tipo mafioso, sarebbe stato sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. e sarebbe affiliato alla cosca mafiosa): nell’appello l’appellante ha dedotto l’erroneità di tale circostanza, in quanto al sig. -OMISSIS- è subentrato il sig. -OMISSIS- e poi il sig. -OMISSIS-; il sig. -OMISSIS-, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non è stato mai amministratore del -OMISSIS- -OMISSIS-.

Nell’interdittiva, ha aggiunto l’appellante, si parla del sig. -OMISSIS- in relazione alla società -OMISSIS- che in una occasione è stata ausiliata da -OMISSIS- -OMISSIS- che aveva prestato avvalimento: si tratta di una situazione ben differente da quella rappresentata dal TAR.

Altro travisamento vi sarebbe stato con riferimento alle società -OMISSIS- e -OMISSIS-, ritenute fonte di contagio, in quanto il passaggio di tali imprese dal -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- al -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- è avvenuto dopo l’interdittiva antimafia: l’appellante ha dedotto che nel 2020 nessuno dei due consorzi era stato colpito da interdittiva.

11.1 – Ritiene il Collegio che il denunciato errore del TAR non possa assumere valore decisivo ai fini della determinazione del Prefetto, tenuto conto non solo della pluralità degli elementi indiziari che sorreggono l’interdittiva (che sono stati in precedenza richiamati), ma soprattutto perché ciò che è stato individuato come indicativo del rischio di permeabilità da parte della criminalità organizzata è proprio la modalità utilizzata nello svolgimento dell’attività di impresa: questa Sezione, già con la sentenza n. 1743 del 2016, ha sottolineato che rilevano ai fini della prevenzione antimafia, “le vicende anomale nella concreta gestione dell’impresa” consistenti in fatti che lasciano intravedere nelle scelte aziendali, nelle dinamiche realizzative delle strategie imprenditoriali, nella stessa fase operativa e nella quotidiana attività di impresa, evidenti segni di influenza mafiosa.

In altre parole, quello che è stato valutato come indicativo di rischio di contaminazione da parte della criminalità organizzata è stato il “dinamismo societario” correlato a cointeressenze, tramite i vari consorzi e le varie imprese consorziate, con soggetti a rischio.

11.2 – È opportuno precisare, al fine di evitare il rischio di fraintendimenti, che non può essere stigmatizzata la scelta imprenditoriale in sé, in quanto ciò che è indicativo del rischio di permeabilità da parte della criminalità organizzata sono i legami economici che, nel caso di specie, tale scelta ha comportato, tenuto conto delle particolari caratteristiche dei soggetti con i quali tali rapporti economici sono stati intrattenuti.

Se si analizzano punto per punto gli elementi indizianti individuati dal Prefetto, ci si avvede che taluni soggetti con i quali sono intervenute cointeressenze sono stati interdetti (ad esempio la società -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, la società -OMISSIS-); talune società o -OMISSIS- riconducibili al sig. -OMISSIS- hanno avuto alle dipendenze soggetti intranei alla criminalità organizzata (ad es. il sig. -OMISSIS-, condannato per associazione di tipo mafioso ed altri reati tipici della criminalità organizzata); altri soggetti economici, anch’essi riconducibili al sig. -OMISSIS- e ai suoi familiari, hanno stretto rapporti economici con imprese ritenute contigue alla criminalità organizzata (come nel caso del -OMISSIS- -OMISSIS- presso cui era consorziata la società -OMISSIS-, riconducile ad un clan malavitoso); -OMISSIS- ed il sig. -OMISSIS- hanno avuto rapporti di cointeressenza economica con le società -OMISSIS-, la società -OMISSIS- ambedue indiziate di collegamenti con la criminalità organizzata; ulteriore cointeressenza vi è stata con la società -OMISSIS- il cui socio ed amministratore è stato deferito per reati tipici della criminalità organizzata, con l’aggravante di cui all’art. 7 della L. 203/1991.

Si tratta, quindi, di un insieme di elementi indizianti che, valutati complessivamente, reggono adeguatamente, sotto il profilo della probabilità cruciale, la valutazione del rischio di infiltrazione mafiosa resa dal Prefetto.

11.3 – Quanto alla mancanza di elementi tipizzati, non può costituire un vizio inficiante, in quanto l’interdittiva può fondarsi anche su circostanze non previste espressamente dalla legge: si è già ricordato che la tassativizzazione è stata operata dalla giurisprudenza, e che, comunque, anche le ipotesi individuate non costituiscono un numerus clausus.

Pertanto, non assume rilievo decisivo la circostanza che né l’amministratore, né il direttore tecnico hanno subito condanne per reati spia: l’interdittiva, come già rilevato, si fonda sulla pluralità di cointeressenze con soggetti a rischio di permeabilità da parte della criminalità organizzata.

Per completezza espositiva è opportuno rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la società consorziata -OMISSIS-, è stata anch’essa interdetta dal Prefetto di Caserta.

11.4 – Quanto alla censura di non attualità delle informazioni, l’orientamento della giurisprudenza della Sezione (2 gennaio 2020, n. 2; 2 maggio 2019, n. 2855) è consolidata nel ritenere che i fatti sui quali si fonda l’interdittiva antimafia possono anche essere risalenti nel tempo, nel caso in cui vadano a comporre un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. Infatti, il mero decorso del tempo, di per sé solo, non implica la perdita del requisito dell’attualità del tentativo di infiltrazione mafiosa e la conseguente decadenza delle vicende descritte in un atto interdittivo, né l’inutilizzabilità di queste ultime quale materiale istruttorio per un nuovo provvedimento, donde l’irrilevanza della risalenza dei dati considerati ai fini della rimozione della disposta misura ostativa, occorrendo, piuttosto, che vi siano tanto fatti nuovi positivi, quanto il loro consolidamento, così da far virare in modo irreversibile l’impresa dalla situazione negativa alla fuoriuscita definitiva dal cono d’ombra della mafiosità.

  1. – Infine, in merito alla censura di violazione del principio di proporzionalità, con la quale l’appellante ha ritenuto che fosse eccessiva la misura prefettizia in assenza di elementi tipizzati a carico della dirigenza del -OMISSIS-, è sufficiente rilevare che l’appellante, proprio per tale ragione, ha potuto ottenere la misura del controllo giudiziario ex art. 34 bis del d.lgs. 159/2011, in quanto il Tribunale Penale, Misure di Prevenzione ha rinvenuto il requisito della occasionalità.

Come già anticipato, tale misura è stata revocata dallo stesso Tribunale dopo il periodo concesso per effettuare la “bonifica” del -OMISSIS- a rischio di contagio da parte della criminalità organizzata.

Spetta ora al Prefetto rivalutare la situazione -OMISSIS- al fine di verificare, se a seguito della misura disposta dal giudice della prevenzione, siano venuti meno gli elementi indizianti che avevano comportato la sua sottoposizione alla misura dell’informazione interdittiva antimafia.

  1. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto.
  2. – Quanto alle spese del grado di appello, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità delle persone indicate in motivazione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Carpentieri, Presidente FF

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Ezio Fedullo, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Luca Di Raimondo, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefania Santoleri Paolo Carpentieri

IL SEGRETARIO

Write a comment:

*

Your email address will not be published.

PI/CF 01779330354